Archivio Pillole ACF 2023
Dicembre 2023
Decisione n. 6713 del 4 agosto 2023 (ricorso ID 8868)
Illecito del consulente finanziario – Responsabilità dell’intermediario – Nesso di necessaria occasionalità - Onere della prova in capo al ricorrente
L’art. 31, comma 3, del TUF prevede che “il soggetto abilitato che conferisce l’incarico è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi dal consulente finanziario abilitato all'offerta fuori sede, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale”. Secondo il costante orientamento dell’Arbitro, l’onere della prova dell’illecito asseritamente perpetrato dal consulente grava sul ricorrente, poiché, in tali casi, il principio di inversione dell’onere della prova di cui all’art. 23, comma 6, del TUF non trova applicazione, in quanto la prova in questione riguarda circostanze attinenti alla dinamica dei rapporti concretamente intercorsi tra clienti e personale dell’intermediario. Nel caso in esame, il ricorrente, al fine di comprovare che il consulente finanziario lo aveva indotto in errore, convincendolo del fatto che i suoi risparmi erano “ben gestiti” e, soprattutto, che producevano dei rendimenti, fornendogli periodicamente dei resoconti su fogli A4, allega un unico documento, neppure su carta intestata della Banca, privo di sottoscrizione, per cui vi è solo una mera presunzione che esso sia stato effettivamente redatto dal consulente. Anche se è difficile sostenere che, nel caso di specie, non sussista un rapporto di “necessaria occasionalità” tra incombenze affidate e fatto illecito del consulente, ravvisabile – in linea con gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità – “in tutte le ipotesi in cui il comportamento di questi rientri nel quadro delle attività funzionali all’esercizio delle incombenze di cui è investito” (Cass. 24 febbraio 2016, n. 3625; cfr. anche Cass. 31 luglio 2017, n. 18928) (tra le molte, Decisioni ACF n. 1781 e 3700), non può ritenersi idoneamente accertata anche la responsabilità del consulente per i danni cagionati al ricorrente.
Decisione n. 6753 del 29 agosto 2023 (ricorso ID 9534)
Servizio di consulenza – Questionario di profilatura - Report di consulenza – Valutazione di adeguatezza – Assenza di specifiche motivazioni
L’art. 40 del Regolamento Intermediari n. 20307/2018, che impone all’intermediario, “Al fine di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari che siano adeguati al cliente o potenziale cliente […]”, di ottenere da quest’ultimo, inter alia, “le informazioni necessarie in merito: a) alla conoscenza ed esperienza in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di strumento o di servizio” si completa con la previsione contenuta nell’art. 54, paragrafo 2, del Regolamento (UE) 2017/565 (a cui rinvia l’art. 40, comma 2, cit.) che precisa che le informazioni che le imprese di investimento devono acquisire dal cliente devono essere quelle di cui esse necessitano al fine di disporre di una base ragionevole per determinare se la specifica operazione da raccomandare sia di natura tale per cui il cliente possiede l’esperienza e la conoscenza necessarie per comprendere i rischi inerenti all’operazione. Nel caso di specie, i questionari di profilatura presi a riferimento dall’intermediario ai fini della consulenza non sono conformi a quanto previsto dalle disposizioni sopra richiamate, le quali, rispetto alla previgente disciplina, richiedono che la raccomandazione sia formulata previo accertamento della conoscenza da parte del cliente dello specifico tipo di strumento oggetto della raccomandazione stessa. Nei questionari prodotti in atti dall’Intermediario, infatti, risultano del tutto assenti domande volte a verificare la conoscenza da parte del ricorrente dei fondi comuni di investimento quale tipologia di strumenti finanziari, tenuto conto del basso di grado di scolarizzazione del ricorrente (licenza media inferiore) e della sua professione di operaio. Sempre con riguardo alla profilatura posta alla base delle consulenze rese, non risulta coerente con le caratteristiche personali del ricorrente il fatto che, sebbene a causa di una grave malattia avesse perso il lavoro, nel questionario sottoscritto in concomitanza con la raccomandazione d’investire in quattro fondi comuni (ulteriori rispetto ai cinque oggetto della precedente raccomandazione) la risposta alla domanda: “Premesso che il valore degli investimenti oscilla nel tempo, in positivo o negativo, come investiresti/e il tuo/vostro patrimonio per raggiungere i tuoi/vostri obiettivi di investimento” veniva modificata dal cliente nel senso di un innalzamento del rischio. Inoltre, in tale occasione, il cliente, che nel precedente questionario aveva dato atto di non voler effettuare investimenti di lungo periodo, in occasione di tale aggiornamento della profilatura, si dichiarava, invece, disponibile “a mantenere in Portafoglio anche per un periodo superiore a 5 anni” il 100% dei prodotti finanziari, e, ciò nonostante, la sopraggiunta malattia e il peggioramento della sua capacità finanziaria dovuta all’intervenuto licenziamento. La consulenza resa dall’Intermediario non risulta conforme alla disciplina sopra citata anche sotto un ulteriore profilo. In particolare, l’art. 54, paragrafo 12, del Regolamento (UE) 2017/565 (a cui rinvia l’art. 41, comma 3, del Regolamento Intermediari) prevede che “le imprese di investimento presentano al cliente al dettaglio una relazione che comprende una descrizione generale della consulenza prestata e del modo in cui la raccomandazione fornita sia idonea per il cliente al dettaglio, inclusa una spiegazione di come risponda agli obiettivi e alle circostanze personali del cliente in riferimento alla durata dell’investimento richiesta, alle conoscenze ed esperienze del cliente e alla sua propensione al rischio e capacità di sostenere perdite”. Nel caso di specie, volendo ritenersi che tale “relazione” possa essere rappresentata dalle “Proposte d’investimento” in atti contenenti la valutazione di adeguatezza, va rilevato che in esse non è ravvisabile una spiegazione idonea in concreto ad informare il cliente sulle specifiche ragioni per le quali, tenuto conto delle sue caratteristiche personali, gli stessi sono stati ritenuti conclusivamente adeguati. Le conclusioni contenute nelle “Proposte” non sono idonee a fornire al cliente la chiara “spiegazione” di come le operazioni raccomandate siano state ritenute coerenti con i parametri posti dalla normativa di settore; esse, infatti, risultano generiche, apodittiche e standardizzate e, dunque, volte ad adempiere in modo solo formalistico a detto obbligo.
Decisione n. 6752 del 29 agosto 2023 (ricorso ID 9519)
Obblighi informativi - Documento sulla natura e sui rischi degli strumenti finanziari – Art. 31 del Regolamento Intermediari n. 16190/2007 – Assenza di informazione sul tipo specifico di strumento finanziario
L’Arbitro ha, in più occasioni, affermato che la sola consegna del “Documento sulla natura e sui rischi degli strumenti finanziari” non è in linea con l’effettivo adempimento dell’obbligo informativo: in particolare, la consegna non è idonea ad integrare l’adempimento dell’obbligo di cui all’art. 31 del Regolamento Intermediari n. 16190/2007, ratione temporis vigente, il quale richiedeva di fornire al cliente le informazioni sulle “caratteristiche del tipo specifico di strumento interessato, nonché i rischi propri di tale tipo di strumento in modo sufficientemente dettagliato”, e ciò al dichiarato fine di “consentire al cliente di adottare decisioni di investimento informate”. L’informativa che l’Intermediario ha prodotto in atti è quella prevista dell’art. 27 del Regolamento Intermediari n. 16190/2007, che prevedeva informazioni generali relative ai rischi e alle caratteristiche delle varie tipologie di strumenti finanziari che l’Intermediario tratta e che, usualmente, viene rilasciata al cliente in occasione dell’apertura dei rapporti. Diversamente, il corretto adempimento delle previsioni di cui all’art. 31 del Regolamento Intermediari – che altrimenti sarebbe norma sostanzialmente replicativa del disposto dell’art. 27 del medesimo Regolamento – presupponeva che l’informazione sul tipo specifico di strumento finanziario precedesse sempre e fosse, comunque, temporalmente prossima all’investimento, non potendosi di certo presupporsi che potesse essere sufficiente una informativa rilasciata anni prima, vale a dire all’apertura dei rapporti, per poter rendere consapevole l’investitore sulle caratteristiche del prodotto che andava a sottoscrivere. Se, quindi, non si vuole svuotare di concreto significato applicativo la portata dell’art. 31 del Regolamento Intermediari, la cui finalità è per l’appunto quella di “consentire al cliente di adottare decisioni di investimento informate”, si deve ritenere che l’Intermediario, prima di ogni singolo ordine, doveva (e deve) prestare un’informativa di dettaglio, aggiuntiva rispetto a quella prevista dall’art. 27. Nel caso di specie, va peraltro segnalato che i moduli d’ordine risultano del tutto privi di qualsiasi riferimento al tipo specifico di strumento acquistato, atteso che non viene neppure specificato che si tratta di obbligazioni e ciò non è neanche ricavabile dalla denominazione, né, tantomeno, si fa menzione dell’origine estera dei titoli.
Decisione n. 6751 del 29 agosto 2023 (ricorso ID 9478)
Servizio di consulenza – Report di consulenza – Valutazione di adeguatezza – Assenza di specifiche motivazioni
L’Arbitro ha, in più occasioni, affermato che l’art. 40 del Regolamento Intermediari n. 20307/2018, rispetto alla previgente disciplina, richiede che la raccomandazione sia formulata previo accertamento della conoscenza da parte del cliente del “tipo specifico di strumento” oggetto della raccomandazione stessa. Nel caso di specie, nel questionario di profilatura prodotto in atti dall’intermediario sono del tutto assenti domande volte a verificare la conoscenza da parte del ricorrente di fondi comuni d’investimento. L’Arbitro ha, inoltre, sottolineato che la consulenza non è conforme alla disciplina quando l’intermediari non rispetta l’art. 54, paragrafo 12, del Regolamento delegato 565/2017/UE (al quale rinvia l’art. 41, comma 3, del Regolamento Intermediari cit.), ai sensi del quale “le imprese di investimento presentano al cliente al dettaglio una relazione che comprende una descrizione generale della consulenza prestata e del modo in cui la raccomandazione fornita sia idonea per il cliente al dettaglio, inclusa una spiegazione di come risponda agli obiettivi e alle circostanze personali del cliente in riferimento alla durata dell'investimento richiesta, alle conoscenze ed esperienze del cliente e alla sua propensione al rischio e capacità di sostenere perdite”. Nelle “Proposte d’investimento” in atti “la spiegazione” al cliente di come le operazioni raccomandate siano state ritenute coerenti con i parametri sopra richiamati risulta generica e standardizzata, dunque, volta ad adempiere in modo solo formalistico a detto obbligo. Nello specifico, con riguardo alla “propensione al rischio” e alla “capacità di sostenere perdite “, le “Proposte d’investimento” recano tutte la medesima indicazione secondo cui “Il livello di rischio R del Portafoglio è ADEGUATO perché coerente con il limite massimo previsto dalla Propensione al Rischio e con la disponibilità a sopportare perdite patrimoniali dovute all’andamento negativo del mercato oppure perché inferiore al livello di rischio del Portafoglio iniziale”. Una simile indicazione non può dirsi idonea a fornire al cliente la chiara spiegazione delle ragioni per cui l’investimento sia da ritenersi coerente con le caratteristiche personali e con gli obiettivi d’investimento perseguiti, tanto più che riporta motivazioni tra loro alternative, come confermato dall’utilizzo del termine “oppure”.
Decisione n. 6831 del 22 settembre 2023 (ricorso ID 9343)
Sevizio di deposito e amministrazione titoli - Art. 1838 c.c. – Obblighi informativi – Vicende finanziarie dell’emittente – Offerta pubblica di acquisto – Modalità operativa – Onere del cliente di informarsi
L’art. 1838 c.c. prevede che l’intermediario che detiene in deposito titoli in amministrazione, oltre a custodire i titoli, esigerne gli interessi e i dividendi, nonché curare le riscossioni per conto del depositante, deve provvedere alla tutela dei diritti inerenti ai titoli. Sul tema, l’Arbitro si è, in più occasioni, pronunciato, precisando che l’intermediario ha il dovere di informare il depositante delle vicende che interessano la struttura finanziaria dell’emittente i titoli oggetto di deposito e che implicano operazioni aventi ad oggetto questi ultimi, come ad esempio offerte sui titoli, anche ove non assistite da prospetto, ovvero operazioni di riacquisto di titoli da parte dell’emittente. In tali casi, l’intermediario è, dunque, tenuto a comunicare tutte le informazioni utili affinché il depositante possa assumere in piena autonomia e consapevolezza le proprie scelte di investimento. Nel caso di specie, dalla documentazione prodotta dalle parti, risulta che l’intermediario, con la comunicazione a mezzo mail, informava il ricorrente del lancio dell’OPA e del relativo prezzo, specificando il limite massimo di azioni oggetto dell’offerta, con la conseguenza che questa, in caso di adesioni elevate, avrebbe potuto essere soggetta a riparto e, quindi, il quantitativo presentato in adesione avrebbe potuto essere accettato dalla società solo parzialmente. Era indicato, inoltre, che l’esito - in particolare, la percentuale di accettazione - sarebbe stato noto “solo alla chiusura del periodo di adesione”; in ogni caso, era anche precisato che la società proponente si riservava il diritto di accettare o meno le offerte e che le eventuali adesioni all’offerta erano da intendersi irrevocabili. Non era, invece, specificato che l’offerta era soggetta alla duplice condizione del raggiungimento sul mercato del prezzo di offerta e dell’ottenimento di un finanziamento per coprire i costi dell’offerta. Tuttavia, in casi analoghi, l’Arbitro ha già avuto modo di affermare che l’intermediario è sì obbligato a informare il cliente della possibilità di aderire ad un’offerta pubblica di scambio relativa a titoli in custodia e dei termini per aderirvi, ma un tale obbligo, tuttavia, non si estende fino a dover anche esplicitare le disposizioni e le modalità concrete di adesione all’offerta, rimanendo a carico del depositante l’onere di informarsi sulle modalità operative necessarie per l’esercizio dei propri diritti (cfr. decisione n. 5412 del 16 maggio 2022).
Decisione n. 6832 del 22 settembre 2023 (ricorso ID 9528)
Obblighi informativi - SICAV multicomparto e/o multiclasse – Dichiarazione di avvenuta ricezione del KIID – Assenza di informazione sul tipo specifico di strumento finanziario
Sussiste la responsabilità dell’intermediario per la mancata prova dell’adempimento degli obblighi di informazione attiva quando le operazioni contestate hanno avuto ad oggetto quote di fondi comuni o azioni di SICAV multicomparto e/o multiclasse e risulta solo l’esibizione di una generica dichiarazione del ricorrente di aver ricevuto il KIID. Tale dichiarazione non è sufficiente a dimostrare il corretto assolvimento degli obblighi informativi, essendo invece necessario che venga offerta la prova più specifica della consegna dei diversi documenti relativi a ciascuno specifico comparto/classe di volta in volta rilevante (da ultimo, in questo stesso senso, v. decisione n. 6600 dell’8 giugno 2023).
Decisione n. 6836 del 25 settembre 2023 (ricorso ID 9099)
Obblighi informativi – Informativa in concreto – Informativa in sede di sottoscrizione – Informativa successiva
È orientamento oramai consolidato dell’Arbitro quello secondo cui l’intermediario prestatore di servizi d’investimento è tenuto a dimostrare “in concreto” di aver fornito al cliente le informazioni necessarie per scelte effettivamente consapevoli, dunque provando di aver assolto gli obblighi d’informazione preventiva in modo non meramente formalistico (Decisione n. 4935 del 12 gennaio 2022). Nel caso di specie, rileva, anzitutto, che in fase di conclusione del contratto quadro, il ricorrente ha dichiarato e sottoscritto di aver ricevuto, tra gli altri, il documento di sintesi, le condizioni economiche del contratto e le relative condizioni generali. Per quanto attiene all’informativa resa al momento dell’investimento controverso, l’intermediario ha versato in atti una scheda prodotto, sottoscritta dal ricorrente, in cui sono riportate le principali caratteristiche dello strumento: che si trattava di una azione ordinaria; i dati sull’emittente; le caratteristiche dell’emissione; le principali componenti di rischio (rischio emittente, rischio connesso al bail-in, rischio azionario e, in particolare, rischio mercato ivi indicato come “Alto”), specificando, altresì, il rating B3 associato da Moody’s allo strumento, dunque appartenente alla categoria “speculativa”. Quanto all’assolvimento dei cd. obblighi informativi successivi, ciò che assume valenza decisiva, in senso esimente, è che la situazione patrimoniale-finanziaria in cui versava al tempo l’emittente era, in ogni caso, ben nota al mercato, considerate le notizie diffusamente portate all’attenzione del pubblico da tutti gli organi di stampa - oltretutto con vasta eco mediatica - trattandosi di titoli quotati su mercato regolamentato, emessi da un primario emittente bancario.
Decisione n. 6837 del 25 settembre 2023 (ricorso ID 9219)
Responsabilità dell’intermediario ex art. 31 del TUF - Illecito del consulente finanziario – Rapporto di preposizione - Nesso di necessaria occasionalità – Onere della prova in capo al ricorrente
Ai fini della sussistenza della responsabilità solidale dell’intermediario per fatto illecito del consulente finanziario ai sensi dell’art. 31 del TUF, devono ricorrere congiuntamente i seguenti presupposti: 1) la sussistenza di un rapporto di preposizione tra intermediario e consulente finanziario; 2) il fatto illecito del consulente finanziario preposto; 3) il nesso tra il fatto illecito del consulente e l’esercizio delle mansioni a lui affidate (c.d. nesso di occasionalità necessaria). È costante orientamento del Collegio quello secondo cui l’onere della prova dell’illecito asseritamente posto in essere in casi della specie grava sul ricorrente poiché, in tali casi, il principio di inversione dell’onere della prova di cui all’art. 23, comma 6, del TUF non può trovare applicazione, incentrandosi essa su circostanze attinenti alla dinamica dei rapporti concretamente intercorsi tra il cliente e il personale dell’intermediario (cfr., ex multis, decisioni ACF nn. 4384, 4523, 4528 e 4547).
Decisione n. 6838 del 25 settembre 2023 (ricorso ID 9220)
Responsabilità dell’intermediario ex art. 31 del TUF – Irrilevanza della colpa - Fatto illecito del consulente - Nesso di necessaria occasionalità – Onere della prova in capo al ricorrente
In ordine alla sussistenza del nesso di c.d. occasionalità necessaria l’Arbitro ha avuto modo di chiarire, per un verso, che l’art. 31, comma 3, del TUF contempla la responsabilità solidale dell’intermediario per i danni arrecati dal consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede prescindendo dalla sussistenza dell’elemento della colpa imputabile all’intermediario nella sorveglianza sull’attività del consulente, essendo ciò espressione della più generale responsabilità di cui all’art. 2049 c.c.; e, per altro verso, che, al fine di affermare la responsabilità dell’intermediario per il fatto del consulente è, comunque, necessaria la sussistenza di un rapporto di “necessaria occasionalità” tra le incombenze affidate ed il fatto illecito del consulente, ravvisabile – in linea con gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità – “in tutte le ipotesi in cui il comportamento di questi rientri nel quadro delle attività funzionali all’esercizio delle incombenze di cui è investito” (cfr. decisioni ACF nn. 1506, 2896 e 3700). In tale prospettiva, non ha dunque rilievo che il comportamento del consulente abbia nei fatti esorbitato dal limite fissato dall’intermediario abilitato, essendo sufficiente che la sua condotta sia stata agevolata e resa possibile dall’inserimento del consulente nell’attività svolta dall’intermediario e si sia realizzata nell’ambito delle finalità in funzione delle quali l’incarico è stato conferito. Rileva, piuttosto, la circostanza che al cliente (o terzo) in buona fede potesse ragionevolmente apparire che l’attività posta in essere nei suoi confronti, e che gli abbia causato un danno, rientrasse nell’incarico affidato al consulente dall’intermediario abilitato.
Nel caso in esame, l’unico elemento che ricollegherebbe gli illeciti in contestazione all’intermediario è l’utilizzo da parte del consulente dell’indirizzo di posta elettronica dell’Intermediario; nessuno dei documenti o moduli in atti è, infatti, riconducibile a quest’ultimo, ad eccezione del contratto quadro, del contratto di deposito e del contestuale questionario di profilatura, sottoscritti in proprio dal ricorrente, cui non risultano essere seguiti, però, investimenti. Ne deriva che non può ritenersi, ad avviso dell’Arbitro, che la condotta illecita del consulente sia stata resa possibile a cagione dell’utilizzo della casella postale con dominio dell’Intermediario (e, più in generale, dalla funzione che svolgeva presso quest’ultimo).
Decisione n. 6840 del 25 settembre 2023 (ricorso ID 9633)
Legittimazione passiva – Principio di prospettazione della domanda – Titolarità degli obblighi – Questione di merito
È consolidato l’orientamento dell’Arbitro secondo cui l’accertamento dell’esistenza della legittimazione passiva, ossia della legittimazione a contraddire rispetto alla domanda, si compie secondo il principio di prospettazione, dovendo considerarsi sussistente ogni qual volta vi sia coincidenza tra intermediario evocato nel procedimento e intermediario individuato da chi agisce come responsabile dell’inadempimento. L’astratta sussistenza della legittimazione passiva dell’intermediario non pregiudica il diverso accertamento dell’effettiva titolarità degli obblighi asseritamente violati o di cui si pretende l’adempimento che, invece, costituisce una questione più propriamente attinente al merito.
Novembre 2023
Decisione n. 6611 del 14 giugno 2023 (ricorso ID 9168)
Servizio di consulenza – Obblighi informativi – Modalità informative utilizzate dal consulente – Consenso del ricorrente – Concorso di colpa – Riduzione del risarcimento
Secondo consolidato orientamento dell’Arbitro sussiste violazione degli obblighi di informativa precontrattuale quando emerge che l’intermediario ha fatto esclusivo riferimento alla documentazione sui rischi generali derivanti dagli investimenti in obbligazioni, consegnata in fase di sottoscrizione del contratto quadro. Nel caso di specie, inoltre, risulta che le uniche informazioni specifiche sono riportate nelle e-mail inviate dal consulente per consigliare l’inserimento in portafoglio di obbligazioni high yield al fine di cogliere delle occasioni di profitto. Il Collegio ha, tuttavia, evidenziato il comportamento del ricorrente “consenziente” rispetto alle modalità informative adottate dal consulente e interessato più alla proposta di diversificare il portafoglio con l’inserimento di un’obbligazione high yield che alla scelta dello specifico titolo: si configura, dunque, un concorso di colpa del ricorrente che, peraltro, prima del ricorso e del relativo reclamo, non ha contestato la mancanza di specifiche informazioni sul titolo ai fini di una scelta di investimento consapevole. A ciò si aggiungono l’operatività pregressa rendicontata negli estratti del deposito titoli per il periodo precedente l’investimento in lite - che evidenzia un’elevata esperienza in titoli obbligazionari, anche ad elevato rendimento e, quindi, più rischiosi - e il profilo, personale e professionale del ricorrente, che inducono quantomeno a revocare in dubbio che egli non conoscesse, almeno in termini generali, la natura high yield degli strumenti obbligazionari. Ciò non è, tuttavia, sufficiente per giustificare l’omissione informativa sul tipo specifico di prodotto acquistato imputabile all’Intermediario ma porta a ridurre l’entità del risarcimento.
Decisione n. 6608 del 14 giugno 2023 (ricorso ID 9059)
Distribuzione di prodotti finanziari assicurativi - Obblighi informativi - Consegna del KID - Prodotti assicurativi multi-opzione - Obblighi informativi specifici - Mancata prova della consegna – Assenza di informazioni specifiche
Con riguardo alla distribuzione di un prodotto finanziario assicurativo, il Collegio si è espresso nel senso che la sottoscrizione da parte del cliente della dichiarazione di avvenuta consegna del KID è sufficiente a far ritenere correttamente assolti gli obblighi informativi a carico dell’intermediario collocatore e costituisce prova piena del fatto ivi attestato. Nel caso di specie, non può darsi per accertato l’effettivo assolvimento da parte dell’intermediario dell’obbligo informativo, in quanto non vi è prova né che il cliente abbia visionato il KID relativo all’opzione in concreto prescelta, né che lo stesso sia stato effettivamente consegnato su supporto durevole non cartaceo, come riportato nel modulo. Più in particolare, a fronte della sottoscrizione della clausola di presa visione e di consegna presente nel modulo di proposta, l’Intermediario ha versato in atti documentazione informativa successiva all’investimento. Inoltre, la mancata allegazione del KID effettivamente messo a disposizione del cliente assume peculiare rilievo in casi della specie, trattandosi di prodotto d’investimento assicurativo “multi-opzione”, con ivi selezionata l’opzione di investire il 100% del premio in un apposito fondo; un tale prodotto assicurativo “multi-opzione” offre all’investitore al dettaglio numerose scelte di investimento che possono essere molto diverse tra loro, così come possono variare i relativi rischi. Per tali prodotti il legislatore comunitario ha previsto una specifica disciplina (artt. 10-15 del Regolamento delegato UE 653 del 2017), lasciando all’ideatore del prodotto le seguenti alternative: (i) produrre tanti KID quante sono le opzioni di investimento sottostanti, (ii) produrre un KID generico, contenente una descrizione generale del prodotto ma con uno specifico rinvio a documentazione contrattuale aggiuntiva, e una serie di allegati tecnici contenenti informazioni specifiche relative a rischi, performance e costi relativi ai sottostanti. A livello di regolamentazione domestica l’articolo 132, comma 3, del Regolamento Intermediari ha, poi, previsto che “in caso di prodotti che prevedono più opzioni di investimento, il soggetto abilitato alla distribuzione assicurativa deve fornire le informazioni con riferimento alle specifiche opzioni di investimento”. Tanto premesso, l’assenza in atti della documentazione concretamente messa a disposizione del ricorrente all’atto dell’investimento non consente di poter ritenere accertato che, al di là del KID “generico”, gli siano state fornite anche le informazioni sulla specifica opzione prescelta.
Decisione n. 6612 del 15 giugno 2023 (ricorso ID 8264)
Distribuzione di prodotti finanziari assicurativi – Art. 25-ter del TUF – Attività successive alla distribuzione – Competenza dell’ACF – Consulenza in fase di riscatto – Informativa sul riscatto anticipato – Principio di autoresponsabilità
L’art. 25-ter del TUF, come modificato a seguito del recepimento della Direttiva IDD, presenta una formulazione diversa dal passato, prevedendo che “la distribuzione dei prodotti d’investimento assicurativi è disciplinata dalle disposizioni di cui al Titolo IX del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e dalla normativa europea direttamente applicabile”. Atteso che la “distribuzione di prodotti di investimento assicurativi” consiste “nel proporre prodotti assicurativi e riassicurativi o nel prestare assistenza e consulenza o compiere altri atti preparatori relativi alla conclusione di tali contratti o nella conclusione di tali contratti, ovvero nella collaborazione alla gestione o all’esecuzione, segnatamente in caso di sinistri, dei contratti stipulati”, non vi è dubbio che le attività successive alla sottoscrizione del prodotto di investimento assicurativo e, segnatamente, il riscatto della polizza, rientrino nell’attività di distribuzione assicurativa e che, quando queste siano esercitate da un soggetto abilitato alla distribuzione assicurativa, devono ritenersi ricomprese nell’ambito della cognizione dell’ACF. Nel caso di specie, la circostanza che l’intermediario potesse prestare attività di consulenza anche in caso di disinvestimento, non vuol certo dire che l’intermediario dovesse prestare o abbia prestato tale attività: dall’analisi della documentazione è esclusa la prestazione di consulenza, in quanto tale servizio era previsto solo con riferimento ad alcuni specifici strumenti finanziari, non essendovi, tra questi, alcun riferimento ai prodotti di investimento assicurativi, categoria all’interno della quale rientra la polizza sottoscritta. Anche ad ammettere che l’intermediario abbia fornito consulenza sul riscatto della polizza, non può ritenersi che, per il solo fatto che vi fossero penali di uscita sul prodotto, avrebbe dovuto sconsigliare l’operazione: la documentazione contrattuale riportava in maniera chiara la disciplina delle penali in caso di riscatto anticipato, potendosi, quindi, anche ritenere che, in base al principio di autoresponsabilità, il ricorrente avrebbe dovuto – anche in mancanza di apposita informativa fornita dall’intermediario – già essere al corrente delle penali a cui andava incontro con il riscatto anticipato.
Decisione n. 6619 del 16 giugno 2023 (ricorso ID 8773)
Servizio di consulenza – Raccomandazione di una linea di gestione – Report di consulenza – Valutazione di adeguatezza – Assenza di specifiche motivazioni
La disciplina introdotta con il recepimento della Direttiva MiFID II prevede la presentazione al cliente del report di consulenza recante le specifiche ragioni per le quali la gestione è ritenuta adeguata (report richiesto dalla MiFID II e dal Regolamento Intermediari n. 20307/2018). Nel caso di specie, non risulta che l’intermediario abbia redatto tale report: il rispetto della disciplina in tema di adeguatezza avrebbe richiesto che l’intermediario, ai sensi dell’art. 41, comma 1, del Regolamento Intermediari, fornisse al cliente, su supporto durevole e prima che la transazione fosse effettuata, una dichiarazione di adeguatezza che specificasse la consulenza prestata e indicasse perché essa corrispondeva alle preferenze, agli obiettivi e alle altre caratteristiche del cliente e, ai sensi del comma 3 (che rinvia all’art. 54, par. 12, del Regolamento 2017/565/UE), fosse presentata una relazione recante una descrizione generale della consulenza prestata e del modo in cui la raccomandazione fornita era idonea per il cliente al dettaglio, inclusa una spiegazione di come rispondeva “agli obiettivi e alle circostanze personali del cliente in riferimento alla durata dell’investimento richiesta, alle conoscenze ed esperienze del cliente e alla sua propensione al rischio e capacità di sostenere perdite”. Dalla documentazione in atti emerge che la dichiarazione di adeguatezza si atteggia a mera clausola di stile, che non può certo considerarsi sostitutiva del report di consulenza, né essa può dirsi idonea a dimostrare il corretto adempimento, da parte dell’Intermediario, della disciplina in tema di adeguatezza: si limita, infatti, a definire genericamente le operazioni come adeguate, senza fornire alcuna spiegazione in merito e senza dimostrare, quindi, di avere rappresentato le specifiche ragioni per le quali le operazioni venivano ritenute conclusivamente adeguate.
Decisione n. 6635 del 22 giugno 2023 (ricorso ID 8785)
Polizza unit-linked – Mancata indicazione del rischio demografico – Domanda di nullità – Verifica dell’entità della prestazione garantita - Incompetenza dell’ACF
Non rientra nella competenza dell’Arbitro il vaglio della domanda di nullità della polizza unit-linked per mancanza del cd. “rischio demografico”, invocata dal ricorrente sulla scorta del contenuto della decisione della Corte di Cassazione n. 6319 del 2019, nella quale è stato rilevato che l’assunzione del rischio demografico da parte dell’assicuratore deve considerarsi requisito indefettibile per qualificare una polizza unit linked come un contratto di assicurazione sulla vita. In disparte il fatto che la citata decisione non si è ancora consolidata nella giurisprudenza della Suprema Corte ed è oggetto di analisi critica in dottrina per non aver tenuto conto della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea (n. 542 del 31 maggio 2018) - che ha in più occasioni affermato che le polizze di ramo III restano soluzioni assicurative, anche se non viene garantita la restituzione del capitale, laddove è comunque fornita una prestazione in caso di decesso dell’assicurato - in ogni caso, pur a seguire i principi enucleati dalla Corte di Cassazione, dovrebbe essere rimesso al “giudice di merito” la verifica relativa all’entità della prestazione garantita, per poter pronunciare l’invocata declaratoria di nullità; il che presupporrebbe lo svolgimento di una valutazione circa “l’entità della copertura assicurativa” delle polizze in parola. In altri termini, l’accertamento, lungi dal riguardare un aspetto connesso alla distribuzione dei prodotti assicurativi d’investimento o alla natura finanziaria degli stessi, concerne, come d’altronde rilevato dalla stessa Suprema Corte, la valutazione dell’“entità della prestazione per verificare se la porzione causale del contratto ascrivibile al rischio assicurativo (ricondotto a quello demografico, trattandosi di una polizza vita) sia stato effettivamente contemplato o se l’entità della prestazione garantita, a fronte del capitale versato, sia talmente irrisoria da vanificare completamente l’equilibrio delle prestazioni”. Tale scrutinio attiene alla struttura stessa dei contratti di assicurazione stipulati e delle clausole in essi contenute, ossia a profili di natura prettamente ed esclusivamente tecnico-assicurativi, in quanto tali esulanti dall’ambito delle competenze assegnate all’Arbitro.
Decisione n. 6645 del 30 giugno 2023 (ricorso ID 9411) e Decisione n. 6646 del 30 giugno 2023 (ricorso ID 9431)
Obblighi informativi - Documento sulla natura e sui rischi degli strumenti finanziari – Art. 31 del Regolamento Intermediari n. 16190/2007 – Assenza di informazione sul tipo specifico di strumento finanziario
L’Arbitro ha, in più occasioni, affermato che la sola consegna del “Documento sulla natura e sui rischi degli strumenti finanziari” non è in linea con l’effettivo adempimento dell’obbligo informativo: in particolare, la consegna non è idonea ad integrare l’adempimento dell’obbligo di cui all’art. 31 del Regolamento Intermediari n. 16190/2007, ratione temporis vigente, il quale richiedeva di fornire al cliente le informazioni sulle “caratteristiche del tipo specifico di strumento interessato, nonché i rischi propri di tale tipo di strumento in modo sufficientemente dettagliato”, e ciò al dichiarato fine di “consentire al cliente di adottare decisioni di investimento informate”. L’informativa che l’Intermediario ha prodotto in atti è, a ben vedere, quella prevista dell’art. 27 del Regolamento Intermediari n. 16190/2007, che prevedeva informazioni generali relative ai rischi e alle caratteristiche delle varie tipologie di strumenti finanziari che l’Intermediario tratta e che usualmente viene rilasciata al cliente in occasione dell’apertura dei rapporti. Diversamente, il corretto adempimento delle previsioni di cui all’art. 31 del Regolamento Intermediari – che altrimenti sarebbe norma sostanzialmente replicativa del disposto dell’art. 27 del medesimo Regolamento – presupponeva che l’informazione sul tipo specifico di strumento finanziario precedesse sempre e fosse, comunque, temporalmente prossima all’investimento, non potendosi di certo presupporsi che potesse essere sufficiente una informativa rilasciata anni prima, vale a dire all’apertura dei rapporti, per poter rendere consapevole l’investitore sulle caratteristiche del prodotto che andava a sottoscrivere. Se, quindi, non si vuole svuotare di concreto significato applicativo la portata dell’art. 31 del Regolamento Intermediari, la cui finalità è per l’appunto quella di “consentire al cliente di adottare decisioni di investimento informate”, si deve ritenere che l’Intermediario prima di ogni singolo ordine doveva (e deve) prestare un’informativa di dettaglio, aggiuntiva rispetto a quella prevista dall’art. 27.
Decisione n. 6654 del 4 luglio 2023 (ricorso ID 8829)
Art. 4 del Regolamento ACF – Atipicità della tutela - Domanda di sostituzione del consulente – Scelta organizzativa dell’intermediario – Incompetenza dell’ACF - Inammissibilità
E’ inammissibile la domanda relativa alla sostituzione del consulente finanziario perché non è supportata da alcun impegno contrattualmente assunto in tal senso e, dunque, non rientra tra le condotte censurabili ai sensi dell’art. 4 del Regolamento ACF, così come individuate al primo comma, che prevede, tra l’altro, che sono esclusi “dalla cognizione dell’ACF i danni che non sono conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento o della violazione dell’intermediario degli obblighi [di cui al primo comma] e quelli che non hanno natura patrimoniale”. Sebbene sia orientamento dell’Arbitro che il ricorrente, in ossequio al principio di atipicità della tutela, può formulare la domanda che meglio ritiene confacente a soddisfare il proprio interesse, anche diversa da quelle tipicamente finalizzate ad ottenere una somma di denaro, nel caso di specie, l’eventuale accoglimento di tale richiesta si traduce sostanzialmente in un ordine all’Intermediario di un facere non fondato su un obbligo normativamente previsto o contrattualmente pattuito tra le parti in tema di corretta prestazione dei servizi di investimento, ma attinente alle scelte organizzative dell’Intermediario, che si collocano, invece, al di fuori di tale perimetro e sono esclusiva prerogativa dell’Intermediario. Né, sotto altro aspetto, l’istanza del ricorrente si può apprezzare come conseguenza della violazione del più generale dovere di servire al meglio l’interesse del cliente, posto che dall’esame degli atti risulta che l’intermediario, preso atto dello scontento del ricorrente rispetto all’operato del consulente finanziario assegnatogli, lo ha, di fatto, riassegnato al General Manager di quest’ultimo, con la finalità di gestire – come appare corretto fare – le richieste e le esigenze rappresentate dalla clientela.
Decisione n. 6667 del 6 luglio 2023 (ricorso ID 9094)
Servizio di esecuzione e ricezione ordini – Obbligo di best execution – Strategia di esecuzione degli ordini - Valutazione della policy dei soggetti negoziatori prescelti – Obblighi informativi
In caso di mancata esecuzione delle disposizioni di vendita l’intermediario deve improntare a trasparenza il proprio operato, comunicando in maniera chiara e univoca – soprattutto a fronte delle richieste di spiegazioni avanzate dal cliente – per quali ragioni le disposizioni non sono andate a buon fine. Nel caso di specie, non si può ritenere verosimile la motivazione secondo cui le disposizioni di vendita non avrebbero avuto l’esito sperato perché il valore delle azioni era troppo basso, considerato che, nel periodo di riferimento, i titoli scambiavano a un valore che, seppur modesti, era comunque maggiore di quello registrato in altri momenti congiunturali. Né, parimenti, può condividersi la tesi per cui gli ordini sarebbero rimasti ineseguiti per assenza di controparti in acquisto, posto che i titoli, all’epoca, erano regolarmente negoziati e che, una volta pervenuti nella disponibilità dell’intermediario ricevente, essi sono stati venduti senza che emergessero particolari criticità. Vero è che l’intermediario non è tenuto a garantire il perfezionamento degli ordini di vendita impartiti dai propri clienti, ma è tenuto al rispetto del c.d. obbligo di best execution, nell’ambito del quale rientra l’obbligo ex art. 65, par. 5), del Regolamento Delegato n. 565/2017/UE di predisporre una strategia (già prima di quella di esecuzione) di trasmissione degli ordini che deve identificare, per ciascuna categoria di strumenti, i soggetti ai quali gli ordini sono trasmessi, in ragione delle strategie di esecuzione di questi ultimi. Al fine di rispettare l’obbligo di best execution, l’intermediario che non esegua in proprio gli ordini deve, pertanto, valutare anche la strategia di esecuzione elaborata dai soggetti negoziatori e, più in generale, dei soggetti di cui si avvale. In termini ancora più chiari, l’intermediario è tenuto a verificare che le policy di esecuzione adottate dai soggetti di cui si avvale per la negoziazione consentano di ottenere le migliori condizioni di negoziazione. Inoltre, l’art. 65, par. 6), del Regolamento Delegato n. 565/2017/UE, prevede che gli intermediari debbono fornire ai clienti informazioni sulle policy e sulle “entità scelte” per l’esecuzione degli ordini, nonché, quando selezionano altri negoziatori per la prestazione di servizi di esecuzione degli ordini, riepilogano e pubblicano, con frequenza annuale e per ciascuna classe di strumenti finanziari, i primi cinque negoziatori per volume di contrattazioni ai quali hanno trasmesso gli ordini dei clienti nell’anno precedente, includendo informazioni sulla qualità di esecuzione ottenuta.
Decisione n. 6669 del 7 luglio 2023 (ricorso ID 8954)
Questionario di profilatura – Principio di autoresponsabilità – Identità delle risposte in successivi questionari
L’Arbitro ha ribadito che il ricorrente non può che essere vincolato alle dichiarazioni che sottoscrive nel questionario di profilatura, né, per porle nel nulla, è sufficiente che alleghi genericamente che l’intermediario le avesse autonomamente predisposte e di essersi limitato a sottoscriverle: difatti, proprio in ossequio del principio dell’autoresponsabilità, il cliente ha l’obbligo di rendersi conto di ciò che sottoscrive. Ciò a maggior ragione vale quando la profilatura risulta effettuata in più occasioni, come nella fattispecie in esame, in cui il ricorrente risulta aver fornito le medesime risposte in due diversi questionari con riguardo alla propensione al rischio (rendimento atteso e rischio di perdita significativi) e all’orizzonte temporale (lungo).
Ottobre 2023
Decisione n. 6583 del 31 maggio 2023(ricorso ID 9284)
Decisione n. 6584 del 31 maggio 2023 (ricorso ID 9422)
Domanda di nullità - Art. 23 del TUF - Forma scritta “funzionale” - Modulistica accessoria - Infondatezza della domanda
Il Collegio ha ribadito che, per ritenere soddisfatto il requisito della forma scritta richiesto dall’art. 23 del TUF, non è necessario che tutte le informazioni pertinenti siano contenute in un unico modulo contrattuale, potendosi ritenere sufficiente, con valutazione da effettuare caso per caso sulla base della documentazione in atti, che le stesse siano riportate nella modulistica accessoria, ove debitamente richiamata in atti sottoscritti dal cliente. Nel caso di specie, è stata esibita copia del “Modulo di richiesta per la prestazione dei servizi di investimento e della custodia e amministrazione di strumenti finanziari per conto dei clienti”, sottoscritto dal ricorrente, nel quale il medesimo ha dichiarato, tra l’altro, di aver ricevuto ed accettato il documento contenente le condizioni generali del contratto e il “Foglio Informativo Analitico” sui servizi di investimento, nonché di aver ricevuto e preso visione del documento “Informazioni sugli strumenti/prodotti finanziari”. L’intermediario ha, inoltre, versato in atti copia del menzionato documento “Condizioni generali che regolano il contratto per la prestazione dei servizi e delle attività di investimento e del servizio di custodia e amministrazione di strumenti finanziari per conto dei clienti” nonché il “Foglio Informativo Analitico”. Attesa l’esaustività della documentazione versata in atti, l’eccezione di nullità delle operazioni di investimento per mancanza del contratto quadro non è fondata: ciò in quanto la previsione contenuta nell’art. 23 del TUF in ordine alla forma scritta del contratto va considerata sotto il punto di vista “funzionale” e non “strutturale”, anche come veicolo di trasparenza operante non solo in favore dell’investitore, ma anche a fini del corretto funzionamento del mercato del credito. Nella fattispecie concreta risulta adeguatamente provato che al ricorrente siano state fornite le indicazioni contrattuali necessarie, a sua “protezione”, per metterlo in condizioni di conoscere (e di potere all’occorrenza verificare nel corso del rapporto) il rispetto delle modalità di esecuzione degli investimenti.
Decisione n. 6592 del 7 giugno 2023 (ricorso ID 8620)
Servizio di gestione di portafogli – Insindacabilità delle scelte gestorie - Processo decisionale - Sindacabilità della correttezza - Indirizzo ex ante dell’attività gestoria - Controllo ex post dei risultati
In riferimento al servizio di gestione di portafogli, il Collegio ha già avuto modo di precisare che, pur non essendo sindacabili le valutazioni effettuate dal gestore nell’esercizio del proprio potere discrezionale, sulla tempistica, sull’opportunità e sulla convenienza degli investimenti e dei disinvestimenti, coerentemente con la lettera e lo spirito della normativa di riferimento nonché con la natura di obbligazione di mezzi (e non di risultato) gravante sul medesimo, può, invece, essere oggetto di esame l’eventuale rispetto del dovere di addivenire alle proprie scelte di investimento/disinvestimento attraverso un predeterminato e rigoroso processo decisionale che garantisca coerenza, completezza di analisi, compiuta motivazione delle stesse e adeguata considerazione degli interessi dei partecipanti al fondo, oltre che il rispetto del regolamento del fondo stesso. Il concreto atteggiarsi del processo di investimento/disinvestimento riveste, infatti, un ruolo centrale ai fini della corretta prestazione del servizio gestorio: affinché il comportamento della società di gestione possa considerarsi improntato ai prescritti canoni di diligenza e correttezza comportamentale è, dunque, necessario, alla luce delle previsioni normative di riferimento, che il complessivo processo decisionale venga in concreto declinato in modo da consentire, ex ante, di indirizzare l’attività gestoria e, ex post, di controllarne i risultati (ex multis, decisione n. 6058 del 10 novembre 2022).
Decisione n. 6592 del 7 giugno 2023 (ricorso ID 8713)
Esercizio dei diritti di opzione – Modalità non conformi al contratto – Mancato avviso da parte dell’intermediario – Concorso di colpa
Nel caso in cui il cliente dichiari di voler aderire all’aumento di capitale dell’emittente, mediante l’esercizio dei diritti di opzione già presenti nel portafoglio, attraverso modalità difformi (firma digitale e e-mail) rispetto a quelle previste contrattualmente (firma autografa e fax), sussiste il concorso di colpa dell’intermediario che, non avendo avvertito per tempo il cliente della necessità di manifestare in altro modo la propria volontà e avendo ritenuto inadeguata la firma digitale, ha tenuto un comportamento contrario al dovere di perseguire il miglior interesse del cliente.
Decisione n. 6595 dell’8 giugno 2023 (ricorso ID 8369)
Servizio di gestione di portafogli – Insindacabilità delle scelte gestorie - Processo decisionale - Sindacabilità della correttezza – Coerenza delle scelte con la linea di gestione – Scostamento dal benchmark – Valutazione in concreto delle motivazioni
È consolidato l’orientamento dell’Arbitro nel senso di ritenere che il servizio di gestione di portafogli è caratterizzato da un elevato grado di discrezionalità dell’intermediario nell’attuazione delle scelte di investimento per conto del cliente. Ciò tanto più, quando, come nel caso di specie, le scelte di investimento compiute dal gestore sono coerenti con la linea di gestione determinata nel contratto; in particolare, dai rendiconti di gestione, che riportano la composizione del portafoglio alle rispettive date e il peso delle singole asset class rispetto al patrimonio complessivo, si può rilevare la continenza dell’attività dell’intermediario nei limiti di allocazione previsti contrattualmente, con riguardo in particolare agli investimenti in titoli strutturati e certificati ammessi nella misura massima del 50% del patrimonio gestito. Né è prospettabile un deficit di diligenza solo perché gli investimenti non hanno dato al cliente l’esito da questi sperato: come sottolineato dalla Corte di Cassazione 20 settembre 2021, n. 25343, affinché sia effettivamente configurabile una mala gestio da parte del gestore per asseriti risultati negativi della gestione, non è sufficiente il mero scostamento dal benchmark prescelto (altrimenti ricorrendo un’ipotesi di responsabilità sostanzialmente oggettiva), dovendosi, invece, valutare le ragioni di detto scostamento al fine di individuare eventuali, concreti profili di negligenza e/o imprudenza e/o imperizia del gestore medesimo, che, peraltro, possono essere rivelati anche dall’entità dello scostamento stesso.
Decisione n. 6596 dell’8 giugno 2023 (ricorso ID 8525)
Operatività on line – Obblighi informativi – Modalità di adempimento equivalente alla consegna materiale della scheda prodotto – Insufficienza della consegna del documento informativo e del modulo d’ordine – Assenza di informativa “in concreto”
Nel caso di operatività on line la mera possibilità per il cliente di acquisire la scheda prodotto non risulta in sé sufficiente a dimostrare il diligente adempimento degli obblighi informativi da parte dell’intermediario, in quanto la prestazione del servizio di investimento in modalità on line non può tradursi in un affievolimento degli obblighi informativi normativamente previsti, ai quali, pertanto, l’intermediario deve assolvere con una modalità che possa essere considerata equivalente a quella che utilizzerebbe in caso di prestazione del servizio in presenza, ossia equivalente almeno alla consegna materiale del documento informativo al cliente (tra le altre, decisione 18 ottobre 2021, n. 4358). Né rilevanza alcuna può essere riconosciuta alla dichiarazione, sottoscritta dai ricorrenti, di avere ricevuto il “documento informativo”, in quanto l’Arbitro ha sempre sottolineato che nel “documento informativo” è contenuta un’informativa generale ed astratta sugli strumenti finanziari e sui rischi ad essi connessi, sicché non è sufficiente a porre il cliente in condizione di assumere una consapevole scelta di investimento, che per esser tale deve potersi basare su un’informazione adeguata in concreto, in quanto esplicativa delle caratteristiche effettive e del tipo di operazione da compiere (in tal senso, di recente, decisione del 7 marzo 2023, n. 6382). Nemmeno, infine, è utile alle ragioni dell’intermediario il riferimento al modulo di “Dettaglio ordine”, giacché dal suo contenuto appare evidente la funzione di costituire un riepilogo dell’ordine successivo all’investimento e non di rappresentare un’informazione propedeutica alla scelta di investimento.
Decisione n. 6599 dell’8 giugno 2023 (ricorso ID 8809)
Operatività on line - Obblighi informativi - Modalità equivalente alla consegna materiale -Passaggi “bloccanti” - Prova dell’effettività del sistema e del contenuto delle informazioni
Secondo il consolidato orientamento dell’Arbitro, la possibilità per il cliente di acquisire la scheda prodotto nell’ambito del servizio di trading on line non risulta in sé sufficiente a dimostrare il diligente adempimento degli obblighi informativi da parte dell’intermediario, in quanto la prestazione del servizio di investimento in modalità on line non può tradursi in un affievolimento degli obblighi informativi normativamente previsti, ai quali, pertanto, l’intermediario deve assolvere con modalità che possano essere considerate funzionalmente equivalenti a quelle che utilizzerebbe in caso di prestazione del servizio in presenza, ossia almeno alla consegna materiale del documento informativo al cliente (tra le altre, in questo senso, v. decisione 18 ottobre 2021, n. 4358). Nel caso di specie, non può essere oggetto di considerazione, in senso esimente, l’affermazione dell’intermediario che il proprio sistema era articolato in passaggi “bloccanti” che impedivano l’operatività in caso di mancata presa visione della scheda prodotto degli strumenti, giacché non ha fornito alcuna idonea prova, non solo dell’effettività del sistema descritto, ma anche del contenuto delle informazioni messe concretamente a disposizione.
Decisione n. 6600 dell’8 giugno 2023 (ricorso ID 9121)
Art. 38 del Regolamento UE 583/2010 - Modalità di consegna del KIID - Scelta dell’investitore – Caratteristiche personali dell’investitore – Prova dell’idoneità del supporto durevole
Il Collegio ha precisato che, ai sensi dell’art. 38 del Regolamento UE 583/2010 (recante modalità di esecuzione della direttiva 2009/65/CE in materia di OICVM), il documento contenente le informazioni chiave per gli investitori può essere fornito su un supporto durevole diverso dalla carta qualora l’investitore, posto di fronte alla scelta tra ricevere tali informazioni su carta o su altro supporto durevole, opti specificamente per quest’ultimo e tale modalità sia adatta al contesto nel quale si svolgono i rapporti d’affari con l’investitore stesso. Nel caso di specie, nel modulo di sottoscrizione il cliente ha sottoscritto la clausola di accettazione secondo cui “copia del KIID viene consegnata dai soggetti incaricati del collocamento su supporto durevole in formato elettronico (es CD rom, DVD, pen-drive ecc.) consapevole in ogni caso della possibilità di ricevere copia del KIID in forma cartacea”: di fatto, non ha potuto scegliere liberamente, non essendo stato messo di fronte ad una scelta, la quale è stata, invece, operata unilateralmente dall’intermediario, atteso che era il sottoscrittore a doversi attivare per ottenere la copia cartacea. Inoltre, non vi è prova che il supporto durevole diverso dalla carta per ricevere la documentazione fosse adatto per il ricorrente, che aveva 84 anni al momento degli ordini conclusi in filiale con firma autografa, non avendosi, quindi, evidenza, anche considerata l’età, che il cliente avesse effettivo accesso ad un pc e potesse consultare la documentazione in tal modo ricevuta.
Decisione n. 6601 del 13 giugno 2023 (ricorso ID 8794)
Irricevibilità – Art. 10, comma 2, lett. b-ter, del Regolamento ACF – Precedente statuizione del giudice civile – Giudicato sostanziale - Art. 2909 c.c. – Principio di certezza del diritto
Il Collegio ha affermato che il ricorso non è ricevibile ex art. 10, comma 2, lett. b-ter, del Regolamento ACF - ai sensi del quale il ricorso può essere proposto se, sui medesimi fatti oggetto dello stesso, “non vi sia una decisione di merito, anche non passata in giudicato, assunta all’esito di un procedimento giurisdizionale o una decisione di merito assunta all’esito di un procedimento arbitrale” - quando sulla controversia si è già pronunciato il giudice civile. Ciò al fine di evitare che l’ACF, chiamato a pronunciarsi su una data controversia, possa assumere una decisione potenzialmente difforme rispetto alla statuizione già adottata dal giudice civile, dando così luogo a situazioni di “contrasto tra giudicati”. Nel caso di specie, ad assumere carattere dirimente è proprio l’esistenza di un giudicato sostanziale prodottosi in conseguenza della decisione assunta dal Tribunale adito. In proposito, stando al disposto dell’art. 2909 c.c. (“l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa”), non risulta possibile riproporre la medesima questione – già oggetto di una decisione di merito – adducendo circostanze preesistenti, ma non prese in considerazione dal giudicante in quanto, sebbene astrattamente deducibili nel relativo giudizio, non sollevate dalla parte che ne avrebbe avuto interesse. Invero, attraverso la predisposizione della citata norma codicistica, l’intenzione perseguita dal legislatore – oltre a un’evidente finalità deflattiva del contenzioso – è stata certamente quella di assicurare la certezza di tutti quei rapporti giuridici rispetto ai quali già si è avuto un accertamento giurisdizionale. Nel caso di specie, il ricorrente chiede che l’intermediario sia condannato a risarcire l’importo di euro 55.000,00, pari al premio investito nella presunta polizza sottoscritta in data 2 luglio 2013, la quale, effettivamente, risulta non essere esplicitamente contestata nell’atto di citazione dell’aprile 2015, a mezzo del quale veniva incardinato il giudizio dinanzi al giudice civile. Tuttavia, con il predetto atto di citazione l’attore ha contestato la generale condotta appropriativa tenuta dal promotore nei quattordici anni di rapporti con i clienti, essendo, infatti, richiesto l’annullamento di “tutti i contratti bancari e finanziari che gli attori hanno sottoscritto con il signor […] in qualità di promotore”. Pertanto, il ricorso non è ricevibile, considerato che la previsione di un Collegio arbitrale quale strumento alternativo di risoluzione delle controversie, non legittima l’alterazione di uno dei principi fondamentali dell’ordinamento (i.e.: quello di certezza del diritto): se i limiti derivanti dall’esistenza di un precedente giudicato trovano applicazione dinanzi a un qualsiasi giudice civile, non si vede la ragione per cui quelle stesse preclusioni debbano, invece, valutarsi come non operanti allorquando la medesima questione, anziché essere ripresentata dinanzi al Tribunale civile, venga sottoposta dell’Arbitro.
Decisione n. 6602 del 13 giugno 2023 (ricorso ID 8795)
Art. 31, comma 3, TUF – Responsabilità solidale dell’intermediario – Sottoscrizione di una polizza – Successiva apertura del rapporto contrattuale con il cliente – Assenza di legittimazione passiva dell’intermediario
Non si configura la responsabilità solidale dell’intermediario ex art. 31, comma 3, TUF per i danni cagionati dal promotore se, alla data di sottoscrizione del prodotto oggetto di doglianza, il ricorrente non era neppure cliente dell’intermediario per cui quest’ultimo non può certo essere chiamato a rispondere del comportamento illecito posto in essere dal promotore nei confronti dell’investitore. Nel caso di specie, il ricorrente sostiene che i rapporti con l’intermediario e anche la sottoscrizione della polizza siano avvenuti il 10 settembre 2013 e, in ogni caso, versa in atti una copia, datata 7 novembre 2013, di una schermata di un applicativo in uso al consulente da cui emergerebbe l’esistenza della polizza. Tuttavia, non solo il promotore iniziava ad operare per l’intermediario solo a far data dal 23 settembre del medesimo anno, ma in ogni caso entrambe le date si pongono in un momento antecedente all’apertura dei rapporti con l’intermediario, atteso che solo in data 8 novembre 2013, il ricorrente sottoscriveva il modulo per l’apertura dei rapporti bancari e dei servizi d’investimento che risulta ricevuto dall’intermediario in data 14 novembre, come attestato dal timbro di ricezione apposto sullo stesso. Ne discende l’assenza di legittimazione passiva in capo all’intermediario.
Settembre 2023
Decisione n. 6543 del 22 maggio 2023 (ricorso ID 8374)
Questionario di profilatura - Principio di autoresponsabilità - Pregressa operatività del cliente - Rischiosità dei prodotti coerente con le dichiarazioni del cliente - Adeguatezza degli investimenti
E’ orientamento ormai consolidato del Collegio quello secondo il quale, in ossequio al principio di autoresponsabilità, “il cliente ha l’obbligo di rendersi conto di ciò che sottoscrive e non deve accettare supinamente eventuali comportamenti non corretti dell’Intermediario e, soprattutto, deve operare quale parte attiva del processo d’investimento” (ex multis, Decisione n. 6451 del 28 marzo 2023), potendo pacificamente ritenersi che, per il tramite della propria sottoscrizione, l’investitore assume la paternità delle dichiarazioni presenti nel questionario. Nel caso di specie, è opportuno delineare il profilo finanziario del ricorrente, il quale, malgrado si descriva come un soggetto del tutto inesperto e avverso agli investimenti in polizze, diversamente, risultava avere una pregressa operatività in vari strumenti già a partire dal 2007, come comprovato anche dagli estratti conto in atti. Quanto, poi, alla presunta inadeguatezza dei prodotti proposti dall’intermediario, causata dall’attribuzione al cliente di “un profilo di rischio non proprio consono alla realtà”, si rappresenta che il livello di rischio associato agli investimenti si rivela, al contrario, perfettamente coerente con le dichiarazioni dal medesimo rilasciate in sede di profilatura.
Decisione n. 6544 del 22 maggio 2023 (ricorso ID 8537)
Mezzi di prova - Dichiarazioni scritte di terzi - Ammissibilità
Le dichiarazioni scritte provenienti da soggetti terzi rispetto alle parti del procedimento sono ammissibili come mezzo di prova e possono formare “oggetto di libero apprezzamento da parte dell’Arbitro, rappresentando […] un elemento che, seppure non da solo ma insieme con gli altri […], il Collegio può porre a base della soluzione della controversia”. Ciò anche tenuto conto del principio espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 17392 del 1° settembre 2015, secondo cui “il giudice può legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove c.d. atipiche, quali le dichiarazioni scritte provenienti da terzi, della cui utilizzazione fornisca adeguata motivazione e che siano idonee ad offrire elementi di giudizio sufficienti, non smentiti dal raffronto critico con le altre risultanze istruttorie” (Decisione ACF n. 3700 del 5 maggio 2021). Nel caso di specie, la dichiarazione di una dipendente dell’intermediario, depositata nel fascicolo di parte – secondo la quale il ricorrente avrebbe riferito di essersi affidato al consiglio di un amico per l’operazione in lite e di avervi dato seguito nonostante fosse stato sconsigliato dall’intermediario – è ammissibile come mezzo di prova nel procedimento.
Decisione n. 6547 del 22 maggio 2023 (ricorso ID 9007)
Valutazione di adeguatezza - Esito negativo - Successiva valutazione di appropriatezza - Insufficienza della liberatoria del cliente - Comportamento opportunistico dell’intermediario
È censurabile il comportamento dell’intermediario che valuti la non adeguatezza di un’operazione e, poi, ad esito della verifica, riproponga, nel volgere di un breve lasso temporale, la medesima operazione ad “iniziativa cliente”, procedendo così alla sua esecuzione in regime di appropriatezza, come accaduto nel caso di specie. Tale modus operandi non consente, infatti, al cliente di poter disporre del tempo sufficiente per poter acquisire le informazioni necessarie per superare in modo consapevole il vincolo di inadeguatezza e induce a revocare in dubbio la stessa spontaneità e autenticità dell’“iniziativa del cliente”, che appare indotta, piuttosto, dall’intermediario attraverso una condotta opportunistica e volta ad eludere i doveri in materia di valutazione di adeguatezza. Nel caso di specie, vero è che dal modulo d’ordine emerge che l’intermediario ha segnalato l’operazione come non adeguata, comunicandone le ragioni (impatto sul rischio del portafoglio rispetto al profilo finanziario del cliente; eccessiva concentrazione sull’emittente; incoerenza tra le caratteristiche dello strumento e il livello di esperienza e conoscenza del cliente, avuto riguardo alla frequenza dell’aggiornamento sull’andamento dei mercati e dei propri investimenti), ma risulta, altresì, che il ricorrente ha sottoscritto un’apposita dichiarazione in cui prende atto che l’intermediario “sconsiglia di dare corso all’esecuzione poiché tale operazione risulta non adeguata”. Ne deriva che non è corretto il comportamento dell’intermediario che, pur avendo rilevato l’inadeguatezza degli investimenti sotto il profilo dell’eccesso di concentrazione dei titoli del medesimo emittente nel portafoglio del cliente, dia poi seguito all’operazione, accontentandosi di una sorta di liberatoria del cliente.
Decisione n. 6549 del 22 maggio 2023 (Ricorso id 9403)
Questionario di profilatura - Rapporti cointestati - Scelta del cointestatario di riferimento - Necessità di un accordo con i clienti - Procedura di selezione idonea - Rilevanza di profilo più conservativo in assenza di accordo.
Principio di effettività - Incoerenza delle risposte con le caratteristiche oggettive dei clienti - Profilatura opportunistica
Nel caso di rapporti cointestati è orientamento consolidato del Collegio quello secondo cui, la scelta di uno solo dei cointestatari come soggetto di riferimento della profilatura e delle conseguenti verifiche di appopriatezza e adeguatezza, può essere ritenuta legittima a condizione che sia stata oggetto di un accordo, frutto di specifica negoziazione tra le parti, e che l'intermediario abbia predisposto, a monte, delle procedure che garantiscano che la citata scelta di uno solo tra i cointestatari sia compiuta su basi oggettive e razionalmente giustificabili. In oni caso, essa non deve essere tale da pregiudicare in maniera eccessiva gli interessi degli altri investitori contraenti e, in particolare, di quelli in posizione più debole. L'intermediario, in mancanza di un diverso accordo tra i cointestatari, deve, non solo profilare tutti i soggetti coinvolti, ma anche, poi, svolgere la relativa valutazione di adeguatezza o appropriatezza, tenedo conto del profilo più conservativo: Nel caso di specie, risulta che entrambi i ricorrenti siano stati profilati; conformemente al citato orientamento, la valutazione di adeguatezza avrebbe dovuto essere svolta, però, con riferimento al solo profilo della ricorrente che, seppur simile a quello del ricorrente, risultava essere ancora più basico sia sotto il profilo dell'orizzonte temporale (4-6 anni) che del grado di scolarizzazione (licenza elementare).
Il Collegio, in più occasioni, ha affermato un principio di effettività, ossia di prevalenza degli elementi oggettivi rispetto a quelli meramente formali menzionati nei questionari; pur nel rispetto del c.d. principio di autoresponsabilità del cliente, che deve rendersi conto di ciò che sottoscrive ed essere parte attiva del processo di investimento, la presenza di elementi oggettivi (età anagrafica molto avanzata, livello di istruzione basso, esperienza lavorativa non indicativa di conoscenze finanziarie, assenza di pregressa operatività in strumenti finanzairi, redditi e patrimoni modesti, necessità finanziarie) che dovevano essere noti all'intermediario, anche perchè dichiarati nel questionario, fanno propendere per l'attribuzione di profili necessariamente meno evoluti e più conservativi con riferimento agli obiettivi di investimento. Il tenore vistosamente incongruo di talune risposte (tipo quelle sulla conoscenza delle obbligazioni strutturate, degli etf e degli hedge fund) che non poteva non essere percepito dall'intermediario, consente di ritenere provato il carattere non corretto del profilo assegnato ai ricorrenti, che risulta sospetto di essere stato tracciato in maniera opportunistica, al solo fine di giustificare il compimento di operazioni complessivamente rischiose e, comunque, non adeguate per un siffatto investitore.
Decisione n. 6554 del 25 maggio 2023 (ricorso ID 8827)
Servizio di esecuzione degli ordini - Esecuzione attraverso broker - Applicabilità dell’art. 1228 c.c. - Policy del broker - Responsabilità dell’intermediario.
Best execution - Strategia di esecuzione elaborata dai soggetti negoziatori - Responsabilità dell’intermediario
Quando l’intermediario presta il servizio di esecuzione degli ordini di vendita, è responsabile di comportamenti non in linea con il quadro normativo di riferimento, se si avvale dell’apporto di ausiliari, alla luce della regola generale dettata dall’art. 1228 c.c. (ai sensi della quale colui che si avvale nell’adempimento dell’obbligazione dell’opera di terzi risponde anche dei fatti colposi di costoro). Nella vicenda in esame, pur tenendosi conto di quanto rappresentato dall’intermediario, laddove segnala che gli ausiliari di cui si è avvalso non avrebbero posto in essere alcun comportamento violativo - sull’assunto che costituisca un atto esente da profili di censura la condotta del broker che si conformi, con la propria policy, alle restrizioni operative introdotte dall’Autorità di settore per la trattazione dei titoli OTC - cionondimeno, dalle evidenze in atti si evince come l’impossibilità di vendere le azioni non fosse assoluta, bensì e soltanto relativa, dovendosi ricollegare alla decisione (non necessitata ma del tutto discrezionale) del broker di recepire in via anticipata le novità regolamentari evocate. In altri termini, gli ordini non sono rimasti ineseguiti per assenza di controparti in acquisto o, comunque, perché le condizioni di mercato non lo consentivano (circostanza questa, peraltro smentita dal fatto che i titoli in esame non solo, all’epoca, erano negoziati, ma stavano registrando forti rialzi e che, una volta ricevuti i titoli, il nuovo intermediario li ha potuti cedere senza riscontrare alcun impedimento), ma a causa della policy del broker di cui l’Intermediario si serviva, seppure tramite interposizione di soggetto terzo. Trattandosi, allora, di una condotta non imposta dal factum principis, ma frutto di una libera scelta dell’ausiliario, è da ritenere che non sussistano le condizioni per ravvisare una valida esimente in favore dell’intermediario.
Costituisce consolidato orientamento del Collegio quello secondo cui, nell’ambito del servizio di esecuzione di ordini, pur non essendo l’intermediario tenuto a garantire il perfezionamento degli ordini di vendita impartiti dai propri clienti, incombe su di lui l’obbligo di elaborare procedure che, nell’ottica di assicurare una corretta esecuzione degli ordini, identifichino la strategia di esecuzione degli ordini stessi per ottenere il miglior risultato possibile per i loro clienti, avendo riguardo al prezzo, ai costi, alla rapidità e alla probabilità di esecuzione e di regolamento, alle dimensioni, alla natura dell’ordine o a qualsiasi altra considerazione pertinente ai fini della sua esecuzione (c.d. obbligo di best execution). Nei casi come quello di specie, al fine di rispettare l’obbligo di best execution, l’intermediario che presti il servizio di ricezione e trasmissione ordini, senza eseguirli in proprio, è chiamato, in virtù dell’art. 65, par. 5), del Regolamento Delegato n. 565/2017/UE (attuativo della MiFID II), a valutare anche la strategia di esecuzione elaborata dai soggetti negoziatori e, più in generale, dei soggetti di cui si avvale.
Decisione n. 6570 del 30 maggio 2023 (ricorso ID 8476)
Servizio di deposito e custodia titoli - Operazione di adesione all’aumento di capitale - Obbligo di comunicazione tempestiva - Mancata prova del comportamento diligente
Grava sull’intermediario l’obbligo di trasmettere tempestivamente la comunicazione relativa all’operazione di adesione all’aumento di capitale, contenente anche i termini e le modalità di adesione: nel caso di specie, il dovere dell’intermediario di informare in tempo utile il ricorrente della possibilità di esercitare i diritti di opzione trova conferma nel “Contratto Unico per la Prestazione di Servizi d’Investimento ed Accessori” che, in coerenza con quanto disposto dall’art. 1838, comma 2, c.c., prevede, al punto 2, dell’art. 3 che “Nel caso di esercizio del diritto di opzione, conversione dei titoli o versamento di decimi, l’Intermediario chiede istruzioni al Cliente e provvede all’esecuzione dell’operazione soltanto a seguito di ordine scritto e previo versamento dei fondi occorrenti. In mancanza di istruzioni in tempo utile, l’Intermediario depositaria cura la vendita dei diritti di opzione per conto del Cliente stesso.”. Spetta, dunque, all’intermediario provare il suo diligente assolvimento e ciò anche avuto riguardo al disposto dell’art. 23, comma 6, del TUF che stabilisce che, nei giudizi di risarcimento danni cagionati al cliente, spetti ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta, ivi incluso il caso in cui il pregiudizio si sia prodotto nello svolgimento dei servizi accessori. Nel caso di specie, le risultanze istruttorie disponibili non consentono, tuttavia, di ritenere che l’intermediario abbia assolto in modo congruo tale onere probatorio, non avendo comprovato, neppure attraverso elementi indiziari, che la lettera informativa sia effettivamente pervenuta nella sfera di conoscibilità del cliente in tempo utile per impartire istruzioni all’intermediario, scongiurando conseguentemente la vendita automatica dei diritti di opzione da parte dell’intermediario. D’altro canto, l’intermediario non ha fornito prova neppure della data della spedizione della comunicazione attraverso il servizio postale.
Decisione n. 6571 del 30 maggio 2023 (ricorso ID 8484)
Servizio di deposito e custodia titoli - Delisting del titolo - Obbligo di comunicazione tempestiva - Art. 21 TUF – Art. 1838 c.c.
Grava sull’intermediario l’obbligo di segnalare tempestivamente al depositante l’imminente delisting del titolo. Infatti, da una parte, l’art. art. 21 del TUF prevede gli Intermediari devono “operare in modo che i clienti siano sempre adeguatamente informati” e, dall’altro, l’art. 1838 c.c., nel disciplinare il servizio di deposito e custodia titoli, prevede specifici obblighi informativi e di attivazione in capo al depositario nel caso i titoli detenuti siano oggetto di un aumento di capitale. Valorizzando la ratio delle predette previsioni, che è quella di attribuire all’intermediario una funzione di filtro nell’interesse del risparmiatore per permettere a quest’ultimo di venire a conoscenza delle informazioni in grado di incidere sulle sue scelte d’investimento, il Collegio ha già avuto modo di evidenziare che “non è revocabile in dubbio che il preannunciato delisting rappresentasse una informazione rientrante nel novero di quelle che l’Intermediario non poteva astenersi dal comunicare con tempestività al cliente, trattandosi all’evidenza di una notizia con rilevantissime implicazioni sulle scelte dei depositanti i titoli in termini di investimento/disinvestimento, e non potendosi invocare come esimente la circostanza che la notizia era comunque altrimenti accessibile, giacché un simile argomento finisce per svuotare di qualsiasi senso il ruolo dell’Intermediario depositario” (Decisione n. 4875 del 3 gennaio 2022, conforme Decisione n. 3815 del 1° giugno 2021).
Agosto 2023
Decisione n. 6447 del 28 marzo 2023 (ricorso ID 8792)
Contratto di deposito – Natura ambivalente – Servizi di investimento – Tardivo trasferimento di strumenti finanziari da un dossier titoli all’altro – Competenza dell’ACF
Sussiste la competenza dell’Arbitro nelle controversie aventi ad oggetto il tardivo trasferimento di strumenti finanziari da un dossier titoli all’altro, in quanto il contratto di deposito titoli ha natura ambivalente: pur rientrando tra i contratti bancari e presentando una conseguente causa tipica, può, tuttavia, rivestire funzione ancillare rispetto alla prestazione di servizi d’investimento a favore della clientela, configurando prestazione del servizio accessorio previsto dall’art. 1, comma 6, del D. Lgs. n. 58/1998 (TUF), ossia la “custodia e amministrazione di strumenti finanziari e relativi servizi connessi”. Non vi è, pertanto, dubbio che il ritardo nella trasmissione di titoli da un dossier all’altro possa inficiare l’operatività sugli strumenti finanziari depositati e, quindi, implicare l’impossibilità temporanea di negoziare quei titoli e tanto è sufficiente a far ritenere che la materia del contendere rientri nell’ambito di competenza dell’Arbitro ex art. 4, comma 1, del Regolamento ACF.
Decisione n. 6448 del 28 marzo 2023 (ricorso ID 8833) e Decisione n. 6449 del 28 marzo 2023 (ricorso 8834)
Obblighi informativi - Polizza assicurativa - Riscatto - Termini - Condizioni generali di contratto - Principio di autoresponsabilità del cliente
Nel caso di doglianza afferente all’inadempimento da parte dell’Intermediario degli obblighi informativi, sostanziatosi nella mancata indicazione – al momento della richiesta di riscatto di una polizza assicurativa – dei termini necessari per effettuare il riscatto dei fondi di cui la polizza si componeva, è esclusa la responsabilità dello stesso Intermediario, se risulta documentato che le condizioni generali di polizza riportavano in maniera chiara la disciplina della tempistica con cui l’impresa di assicurazione avrebbe proceduto alla valorizzazione delle quote dei fondi ricompresi nella polizza e se secondo tale tempistica la polizza è stata liquidata. In base al principio di autoresponsabilità, il cliente ha l’obbligo di rendersi conto di ciò che sottoscrive, per cui egli avrebbe dovuto – anche in mancanza di apposita informativa fornita dall’Intermediario al momento della richiesta di riscatto – già essere al corrente delle tempistiche in cui si sarebbe potuto realizzare il riscatto della polizza.
Decisione n. 6450 del 28 marzo 2023 (ricorso ID 8945)
Obblighi informativi - Consegna del KIID - Mancata consegna – Insufficienza della documentazione d’offerta
Sussiste la responsabilità dell’Intermediario quando non ha dato prova convincente dell’assolvimento degli obblighi informativi, avendo versato in atti documentazione precontrattuale (report di consulenza e ordine di acquisto) inidonea allo scopo. Nel caso di specie, non avendo l’Intermediario fornito alcuna dimostrazione dell’avvenuta consegna e presa visione del KIID da parte del cliente - evidenza di per sé idonea a far ritenere correttamente assolti i suddetti obblighi - risulta mancare la prova da parte dell’intermediario di aver agito secondo la diligenza richiesta, come più volte affermato dall’Arbitro (ex multis, Decisione ACF n. 5397 del 6 maggio 2022). Inoltre, l’Arbitro, in alcuni precedenti (Decisioni ACF n. 5397 del 6 maggio 2022 e n. 5006 del 24 gennaio 2022), ha precisato che il corretto assolvimento degli obblighi informativi sulle peculiarità degli strumenti finanziari non può essere sopperito, in mancanza del KIID, dalla generica dichiarazione del Ricorrente di aver ricevuto – per la relativa presa visione – la documentazione d’offerta obbligatoria, predisposta dalla Società di Gestione/SICAV, e di esser stato informato in ordine alla facoltà di richiedere l’ulteriore documentazione informativa sempre predisposta dalla Società di Gestione/SICAV.
Decisione n. 6467 del 4 aprile 2023 (ricorso ID 8421)
Consulente finanziario - Responsabilità solidale dell’intermediario – Sentenza penale – Condanna generica - Ricorso all’ACF – Accertamento del nesso causale - Liquidazione del danno
Nel caso di sentenza penale che riconosca la responsabilità solidale dell’Intermediario ex art. 31, comma 3, del D. Lgs. n. 58/1998 (TUF) con conseguente condanna generica al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, il ricorso dinanzi all’Arbitro rappresenta la sede in cui accertare la responsabilità dell’Intermediario e provvedere alla conseguente liquidazione del danno. Al riguardo, l’orientamento della Corte di Cassazione civile espresso nella sentenza n. 5560 del 9 marzo 2018 risulta confermato dalla successiva giurisprudenza della medesima Corte e, in particolare, nell’ordinanza n. 8477 del 5 maggio 2020: la Suprema Corte è tornata a ribadire quale sia il corretto canone ermeneutico dell’art. 651 c.p.p. (Efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile e amministrativo) e in quali termini e con quali limiti il giudicato penale riverberi la propria efficacia nel successivo giudizio civile di danno. In sostanza, la condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il giudice abbia riconosciuto il relativo diritto alla costituita parte civile, non esige alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l’accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e della probabile esistenza di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, salva restando nel giudizio di liquidazione del “quantum” la possibilità di esclusione della esistenza stessa di un danno collegato eziologicamente all’evento illecito. Inoltre, proprio perché la pronuncia di condanna generica emessa nel giudizio penale non richiede anche l’individuazione dei danni risarcibili (oltre all’accertamento della loro derivazione causale dall’illecito), si ritiene non possa riconoscersi rilevanza, al fine della determinazione del danno in sede civile, alla circostanza che il giudice penale abbia riconosciuto provvisionali solo entro un determinato ammontare, come invece affermato dall’Intermediario.
Decisione n. 6471 del 6 aprile 2023 (ricorso ID 8423)
Consulente finanziario - Responsabilità solidale dell’intermediario – Nesso di necessaria occasionalità
Il rapporto di “necessaria occasionalità” della funzione svolta dal consulente finanziario per conto dell’intermediario risulta evidente quando il consulente ha agito nell’ambito del suo mandato, per conto dell’intermediario, tra l’altro, convocando il cliente presso i propri uffici e ricevendo somme per finalità di investimento. Nel caso di specie, sia l’appropriazione indebita, sia la successiva strategia di disinformazione sono state rese possibili dalla funzione di consulente finanziario, che ha inevitabilmente indotto il cliente a credere che, come il consulente aveva proposto e realizzato l’apertura del rapporto, agendo per conto dell’Intermediario, così egli proponeva ed effettuava operazioni di investimento e ne produceva la relativa rendicontazione, sempre per conto dell’intermediario medesimo. Sul tema della responsabilità solidale dell’intermediario ai sensi dell’art. 31 del D. Lgs. n. 58/1998 (TUF), l’Arbitro si è costantemente orientato nel senso di ritenere, in linea con la giurisprudenza di legittimità, che “al fine di affermare la responsabilità dell’intermediario per i danni arrecati dal consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede, sia sufficiente che il fatto illecito sia stato perpetrato dal consulente in un contesto di “occasionalità necessaria” con l’esercizio delle funzioni affidategli dall’intermediario; ciò in quanto è il fatto che il consulente operi come consulente per conto dell’intermediario che obiettivamente rende possibile e agevola la realizzazione della condotta illecita” (cfr., ex multis, Decisioni ACF nn. 1505, 1506, 1781).
Decisione n. 6500 del 26 aprile 2023 (ricorso ID 8962)
Art. 23, comma 6, del TUF - Onere della prova - Rapporti tra intermediario e cliente - Non applicabilità
Nel caso in cui nel ricorso siano svolte doglianze attinenti alla dinamica dei rapporti tra il cliente e il personale dell’intermediario, quali sollecitazioni ad investire da parte di un consulente, la prova verte su circostanze che si collocano al di fuori della regola dell’art. 23, comma 6, del D. Lgs. n. 58/1998 (TUF): il relativo onere probatorio incombe, quindi, sul ricorrente, trovandosi in caso contrario l’intermediario nella posizione di dover fornire dimostrazione di un fatto negativo. Nel caso in esame, si ritiene che il ricorrente non abbia assolto l’onere della prova e che, più in generale, l’intera prospettazione dei fatti contestati non sia stata dimostrata: dalle evidenze informatiche estratte dal sistema interno della banca, risulta che le operazioni contestate sono state impartite su iniziativa del ricorrente tramite piattaforma di trading online e che, sin dall’apertura dei rapporti contrattuali, al ricorrente risultava assegnato un consulente diverso da quello chiamato in causa, la cui firma è apposta in calce ad entrambi i contratti-quadro sottoscritti. Non è neppure stata data prova alcuna di interazione tra il ricorrente ed il consulente che sia attinente allo svolgimento della professione di quest’ultimo, tantomeno presso la filiale alla quale era assegnato, e non risultano elementi per affermare che il consulente abbia proposto al ricorrente gli investimenti contestati.
Decisione n. 6519 del 2 maggio 2023 (ricorso ID 9167)
Illiquidità dei titoli – Onere probatorio – Ripartizione tra intermediario e cliente – Danno da mancata vendita
Se è vero che la liquidità, come l’illiquidità, di uno strumento finanziario è una situazione di fatto e che, dunque, è possibile, con riferimento ad un medesimo strumento finanziario, che quella situazione si modifichi nel corso del tempo, sicché uno strumento che prima era liquido divenga illiquido, o viceversa, spetta all’intermediario fornire una prova adeguata del fatto contrario, vale a dire del fatto che, invece, esisteva la condizione di liquidità. Nel caso di specie, l’intermediario si è limitato ad allegare che le azioni erano liquide al momento degli acquisti, senza però provare (e neppure allegare) che tale condizione di liquidità ricorreva al momento dell’emissione degli estratti del conto titoli al 30 giugno 2012 e al 31 dicembre 2012, con la conseguenza che – non avendo dimostrato la liquidità delle azioni – queste ultime devono considerarsi illiquide già prima del 2013 e che, pertanto, l’intermediario avrebbe dovuto indicarle come tali già nei rendiconti al 30 giugno 2012 e al 31 dicembre 2012. Spetta, invece, al cliente fornire elementi, anche di natura indiziaria, atti a comprovare che avrebbe almeno tentato, al tempo, di disfarsi dei titoli, ove fosse stato a conoscenza della loro condizione di illiquidità. Ne discende che, comportando la condizione di illiquidità ostacoli o limitazioni allo smobilizzo entro un lasso di tempo ragionevole, a condizioni di prezzo significative, è da ritenersi “più probabile che non” che il cliente, quand’anche avesse tentato di vendere le azioni, non ci sarebbe comunque riuscito proprio in ragione della loro illiquidità, con la conseguenza che l’omissione informativa dell’intermediario non ha causato alcun danno da mancata vendita, in quanto quest’ultima non si è potuta in ogni caso realizzare.
Decisione n. 6545 del 22 maggio 2023 (ricorso ID 9167)
Consapevole scelta di investimento - Obblighi informativi – Adempimento in concreto – Valutazione di non appropriatezza – Obbligo di comunicare le motivazioni
Secondo il consolidato orientamento dell’Arbitro, l’intermediario è tenuto a dimostrare di avere assolto agli obblighi informativi “in concreto” e non solo in modo meramente formalistico, in quanto solo il loro effettivo assolvimento può consentire al cliente di valutare le reali caratteristiche dell’operazione e, conseguentemente, permettergli di compiere una consapevole scelta d’investimento. Sussiste, dunque, la responsabilità dell’intermediario quando dalla documentazione in atti emerge un’informativa svolta in modo solo formalistico.
L’intermediario che fornisce formalmente la comunicazione del carattere non appropriato degli investimenti, senza tuttavia esplicitare le ragioni dell’inappropriatezza, non consente al cliente di valutare con piena consapevolezza il giudizio reso in funzione della conseguente decisione di dare o meno seguito all’investimento. Tale comportamento costituisce, pertanto, una chiara violazione delle regole di correttezza gravanti sull’intermediario che presta servizi d’investimento nei confronti della propria clientela.
Decisione n. 6546 del 22 maggio 2023 (ricorso ID 8778)
Prodotti finanziari assicurativi – Direttiva 2016/97/UE (c.d. IDD) – Regime precedente - Fasi successive alla sottoscrizione – Incompetenza dell’ACF
In tema di distribuzione di prodotti finanziari assicurativi è orientamento consolidato dell’Arbitro, quello di ritenere che, in vigenza della precedente disciplina della distribuzione di prodotti finanziari assicurativi (prima del recepimento della Direttiva 2016/97/UE, c.d. IDD, avvenuto nel 2018), non potevano farsi rientrare nell’ambito di propria competenza le fasi successive alla sottoscrizione delle polizze. Infatti, l’articolo 25-bis TUF (poi divenuto 25-ter), nella formulazione precedente a quella attualmente in vigore, estendendo l’applicazione delle norme del D. Lgs. n. 58/1998 (TUF) alla sola sottoscrizione e al collocamento dei prodotti assicurativi finanziari, escludeva implicitamente le fasi successive all’acquisto, facendole rientrare nell’ambito di competenza dell’IVASS, in quanto disciplinate dalla normativa sull’intermediazione assicurativa e, in particolare, dai regolamenti IVASS (cfr., ex multis, Decisioni ACF n. 639 del 17 luglio 2018, n. 1702 del 2 luglio 2019, n. 2395 del 30 marzo 2020). Nella fattispecie in esame, dunque, manca la stessa prestazione di un servizio di investimento, necessaria affinché una controversia si possa incardinare presso l’ACF: a ciò si aggiunge che il ricorrente fa valere un vizio del consenso del contraente assicurato relativamente alla disposizione di parziale modifica del beneficiario che, di certo, non può essere scrutinata dall’Arbitro, non integrando, appunto, un servizio o una attività di investimento.
Luglio 2023
Decisione n. 6282 del 30 gennaio 2023 (ricorso ID 8320)
Servizio di consulenza – Obblighi informativi – Operatività reiterata su prodotti rischiosi – Informativa rafforzata
Nel caso di clientela che pone in essere, con una certa frequenza e ripetitività, investimenti aventi ad oggetto strumenti finanziari caratterizzati da un apprezzabile profilo di rischio, la diligenza professionale dell’intermediario deve esprimersi in modo rafforzato e più efficace, tramite un supporto informativo e un modus operandi sempre coerenti con il profilo effettivo del cliente e con le caratteristiche dello strumento finanziario. Ciò comporta l’acquisizione di informazioni di dettaglio più pregnanti, in particolare a beneficio di quella clientela per la quale può riscontrarsi un disallineamento tra “l’apprendimento esperienziale”, sviluppato attraverso l’operatività posta in essere, e il grado verosimile di financial literacy e di conoscenza in virtù del background personale, a titolo esemplificativo, verificando la comprensione del meccanismo finanziario e/o giuridico che rende un determinato strumento finanziario particolarmente rischioso, ovvero caratterizzato da peculiari specificità. Da un tale modus procedendi non possono che derivare benefici comuni: la riduzione per l’intermediario del rischio di porre in essere comportamenti non conformi nella sostanza con il quadro normativo di riferimento, una motivata consapevolezza da parte del cliente circa le caratteristiche effettive degli strumenti finanziari d’interesse e delle relative implicazioni in termini di rischio sotteso.
Decisione n. 6288 del 2 febbraio 2023 (ricorso ID 8121)
Servizio di esecuzione di ordini - Orari di negoziazione c.d. after hours – Best execution - Obbligo di informazione chiara e non decettiva
La circostanza che il ricorrente presenti un profilo di investitore evoluto con specifiche competenze ed esperienze pregresse in materia di opzioni - il che lascia presumere che potesse conoscere gli orari di funzionamento del Nasdaq e cogliere, quindi, l’ambiguità dell’informativa resa nell’Ebook dell’intermediario - non può esimere l’intermediario medesimo dal fornire una informazione non decettiva e, comunque, più trasparente circa gli orari di funzionamento e di negoziazione dei mercati. Nel caso di specie, la tabella richiamata dall’intermediario non risulta chiara, in quanto gli orari indicati come “orari di negoziazione” potevano essere intesi come orari di negoziazione del mercato di riferimento e non come orari di operatività dell’Intermediario. Inoltre, nello stesso paragrafo in cui è presente la tabella richiamata è riportato il seguente avvertimento: “Prima di immettere ordini su un mercato (o su una sede di negoziazione) occorre conoscere il funzionamento dello stesso. Per informazioni sui mercati, sugli eventuali segmenti dei mercati, sui lotti minimi e in generale sul regolamento dei mercati si rimanda al sito del mercato, riportato nella tabella sottostante”. Tale avvertimento non risulta idoneo ad assolvere gli obblighi informativi posti a carico degli intermediari, che sono tenuti sia a conoscere i prodotti che trattano, sia a informare i clienti sulle sedi di esecuzione e sugli orari di loro funzionamento, atteso che gli intermediari che eseguono ordini per conto dei clienti devono rispettare gli obblighi di best execution, ai sensi dell’art. 51 del Regolamento Consob n. 20307/2018, assicurando una trattazione rapida, corretta ed efficiente di tali ordini.
Decisione n. 6289 del 2 febbraio 2023 (ricorso 8155)
Prestazione di servizi di investimento on line – Obblighi informativi – Link alla scheda prodotto - Insufficienza
L’intermediario non assolve l’onere della prova di aver adempiuto gli obblighi di informazione preventiva quando la scheda informativa presente nella schermata tipo, tramite la quale il cliente può procedere all’acquisto dei titoli oggetto dell’operazione, contiene solo alcune indicazioni - quali il volume, l’andamento del titolo nel corso del tempo, il rating dell’emittente e dell’emissione - non integranti un’informativa completa al pari di quelle presenti nella scheda prodotto. Né ad esito diverso può condurre la considerazione dell’intermediario che nella schermata di inserimento degli ordini era, comunque, presente apposito link denominato “informativa prodotto” di reindirizzamento alla scheda prodotto. Al riguardo, è orientamento del Collegio che la mera messa a disposizione della scheda prodotto resa accessibile tramite un link cliccabile non può considerarsi, di per sé, mezzo idoneo a fornire la prova richiesta. Ciò in quanto siffatta modalità finisce per rimettere l’acquisizione delle informazioni ad un comportamento attivo del cliente e, dunque, non appare equivalente alla concreta messa a disposizione delle stesse da parte dell’intermediario, quale si realizzerebbe, in caso di operazione eseguita in ambiente diverso da quello telematico, con la concreta consegna del documento informativo.
Decisione n. 6292 del 2 febbraio 2023 (ricorso ID 8268)
Legittimazione passiva dell’intermediario - Incorporazione – Successione nelle controversie – Esercizio del diritto di difesa – Integrità del contraddittorio
Secondo un approccio sostanziale, improntato all’economia procedimentale e all’osservanza del principio di conservazione degli atti giuridici, deve ritenersi sussistente la legittimazione passiva dell’intermediario anche se, al momento della sottoscrizione della polizza, era soggetto distinto dalla SIM che, per il tramite del private banker, ha collocato la polizza assicurativa/finanziaria, ancorché ne fosse il soggetto controllante. Nel caso di specie, emerge dagli atti che l’intermediario ha successivamente incorporato la SIM ed è subentrato in tutte le controversie finanziarie di cui era parte quest’ultima: d’altronde l’intermediario resistente si è difeso, anche con argomentazioni di merito pertinenti ed appropriate, e ha prodotto la documentazione contrattuale afferente al rapporto intercorrente tra il ricorrente e la SIM, deducendo ampiamente sulle violazioni contestate tramite la presentazione delle prime difese e delle repliche finali e, quindi, esercitando appieno le facoltà difensive che il procedimento ACF mette a sua disposizione. Tutto ciò nel rispetto del diritto al contraddittorio che non può, quindi, ritenersi violato.
Decisione n. 6295 del 2 febbraio 2023 (ricorso ID 8461)
Servizio accessorio di custodia e amministrazione titoli - Competenza dell’ACF - Tardivo trasferimento del dossier titoli - Impossibilità di negoziare - Irragionevolezza del tempo impiegato dall’intermediario
Sussiste la competenza dell’ACF a decidere le controversie relative al servizio di investimento accessorio di custodia e amministrazione di strumenti finanziari per conto dei clienti quando è prevalente il profilo di investimento dell’operazione: ossia quando, in applicazione del principio della domanda, il ricorrente contesta profili che riguardano l’impossibilità di negoziare strumenti finanziari a causa del loro mancato o tardivo trasferimento da un dossier titoli ad un altro. Nel caso di specie, non può non rilevarsi che un lasso temporale di oltre tre mesi per effettuare il trasferimento di un dossier titoli non può dirsi ragionevole, atteso anche che l’Intermediario resistente non ha segnalato particolari problematiche tecniche o operative emerse in tale periodo, determinate da circostanze esterne alla sua volontà che hanno determinato la dilatazione dei tempi necessari al trasferimento del dossier titoli.
Decisione n. 6417 del 16 marzo 2023 (ricorso ID 8555)
Contratto quadro – Forma scritta ex art. 23 TUF – Pluralità di moduli contrattuali – Contratto monofirma – Tutela del contraente debole – Esclusione della nullità
Non sussiste la nullità del contratto quadro per l’assenza di forma scritta e per l’assenza della sottoscrizione dell’Intermediario quando risultano agli atti l’accordo negoziale, sottoscritto da entrambi i ricorrenti con l’intermediario in occasione dell’apertura del rapporto cointestato, nonché il modulo di adesione contenente, tra l’altro, la dichiarazione dei ricorrenti di aver ricevuto le relative “Condizioni Generali”. Come sottolineato più volte dall’Arbitro, affinché sia soddisfatto il requisito della forma scritta richiesto ad substantiam dall’art. 23 TUF, non è necessario che tutte le informazioni pertinenti siano contenute in un unico modulo contrattuale, potendosi ritenere sufficiente che le stesse siano riportate in modulistica accessoria, ove debitamente richiamata in atti sottoscritti dal cliente. Inoltre, è orientamento consolidato dell’Arbitro, conformemente a quanto sancito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza 16 gennaio 2018, n. 898, che, nei contratti quadro relativi alla prestazione di servizi di investimento, il requisito della forma scritta di cui all’art. 23 del TUF deve considerarsi rispettato con la redazione per iscritto del contratto e la consegna di un esemplare al cliente, senza che sia necessaria la sottoscrizione da parte dell’intermediario (contratto c.d. “monofirma”), poiché la predetta nullità è ascrivibile alla categoria delle nullità c.d. di protezione previste a tutela del contraente in quanto beneficiario di una tutela rafforzata che, quindi, viene meno soltanto nell’ipotesi in cui sia mancante specificamente la firma di quest’ultimo.
Decisione n. 6419 del 17 marzo 2023 (ricorso ID 8786)
Competenza dell’ACF - Costi commissionali – Trasparenza – Insindacabilità della congruità
Riguardo alle commissioni pagate per l’acquisto delle quote di un fondo, possono essere sottoposte alla cognizione dell’Arbitro le questioni relative alla trasparenza delle informazioni sui costi commissionali applicati dalla società di gestione, mentre è preclusa la possibilità di svolgere un sindacato sulla congruità dei corrispettivi pattuiti per la prestazione dei servizi di investimento. Ciò almeno sintantoché la eventuale sproporzione di tale entità non sconfini nella violazione delle regole di correttezza e di protezione dell’investitore.
Decisione n. 6446 del 28 marzo 2023 (ricorso ID 8716)
Costi e oneri in valuta estera – Obblighi informativi – Correttezza, chiarezza, non fuorvianza e comprensibilità
L’intermediario risulta inadempiente rispetto allo specifico obbligo informativo previsto dall’art. 50, comma 3, del Regolamento Delegato UE 2017/565 - ai sensi del quale: “Quando una parte dei costi e degli oneri totali deve essere pagata o è espressa in valuta estera, le imprese di investimento forniscono l’indicazione di tale valuta, nonché dei tassi e delle spese di cambio applicabili. Le imprese di investimento forniscono inoltre informazioni riguardo alle modalità per il pagamento o altra prestazione” - quando si limita a sostenere che, al momento dell’inserimento di un ordine, nella relativa schermata viene visualizzato dall’investitore il tasso di cambio applicato. Nel caso di specie, è emerso che l’intermediario ha applicato uno spread di 0,0033 al tasso di cambio utilizzato per le operazioni effettuate su strumenti in valuta estera: lo spread veniva addizionato al tasso di cambio per le operazioni di acquisto, mentre veniva sottratto al tasso per le operazioni di vendita. A fronte di ciò, l’intermediario non ha dimostrato di aver fornito idonea informativa al ricorrente, avendo relegato la stessa nella sezione Help/Multicurrency del sito: tale informativa difetta dei criteri di correttezza, chiarezza, non fuorvianza e comprensibilità previsti dall’art. 24, commi 3 e 5, della Mifid 2.
Giugno 2023
Decisione n. 6171 del 16 dicembre 2022 (ricorso ID 7729)
Servizio di consulenza - Costi addebitati al cliente - Assenza di termine di riferimento - Modalità di accertamento
Nel caso di contratto in cui sia previsto che il costo annuo del servizio di consulenza di portafoglio è pari all’1% del controvalore del portafoglio finanziario oggetto del servizio senza, tuttavia, alcuna indicazione sul valore del portafoglio finanziario da prendere come termine di riferimento, l’interprete è chiamato ad uno sforzo ricostruttivo che deve tenere conto dell’intenzione delle parti di prevedere un corrispettivo annuo per il servizio di consulenza. Si può, dunque, ritenere che il compenso, pur non determinato, sia determinabile per relationem, e che il valore di riferimento debba essere individuato nella liquidità destinata all’esecuzione delle raccomandazioni e nel patrimonio mobiliare.
Decisione n. 6196 del 20 dicembre 2022 (ricorso ID 7669)
Valutazione di appropriatezza - Utilizzo di un algoritmo –- Trasparenza - Grado di affidabilità - Onere probatorio dell’intermediario
È fondata la doglianza del ricorrente riguardo al non corretto svolgimento della valutazione di appropriatezza quando l’intermediario si è limitato a rivendicare la correttezza del relativo giudizio perché reso sulla base di un algoritmo che tiene conto, non solo delle informazioni su esperienza e conoscenza del cliente, ma anche di altre informazioni, ad esempio la dimensione dell’ordine ed il titolo selezionato. Il richiamo all’uso di un algoritmo non può essere considerato sufficiente per dimostrare che la valutazione è stata correttamente resa. L’utilizzo di tecniche automatiche per la formulazione del giudizio di appropriatezza non è di per sé dimostrativo della sua esattezza: l’intermediario che voglia dimostrare che la valutazione di appropriatezza svolta con una metodologia algoritmica è corretta ha, quantomeno, l’onere di rendere trasparente quali siano le concrete basi su cui l’algoritmo utilizzato opera e, poi, di dimostrare che quest’ultimo presenti un elevato grado di affidabilità, essendo stato strutturato in maniera tale da contenere nella misura maggior possibile anche il rischio dei c.d. «AI bias» nell’attività di elaborazione del giudizio richiesto.
Decisione n. 6195 del 20 dicembre 2022 (ricorso 7664)
Consulenza “proattiva” - Informativa preventiva sulle caratteristiche del prodotto – Insufficienza
Nel caso in cui i singoli ordini di acquisto facciano menzione della prestazione di una “consulenza proattiva”, l’intermediario non può obiettare che, alla luce di tale previsione, non era tenuto allo svolgimento della consulenza, ma solo a rendere una informativa preventiva sulle caratteristiche del prodotto. È dirimente la considerazione che tale obbligo è connaturato a ogni servizio di investimento, anche quelli di natura elementare come l’esecuzione di ordini, sicché l’espressione “consulenza proattiva”, se fosse intesa nel senso indicato dall’intermediario resistente, si risolverebbe in una previsione priva di significato, mera declamazione superflua, ripetitiva di un obbligo che sussiste in realtà ex lege.
Decisione n. 6219 del 27 dicembre 2022 (ricorso ID 7452)
Questionario di profilatura – Mancata sottoscrizione – Scelta del contraente - Valutazione di adeguatezza – Impossibilità di svolgimento - Non imputabilità dell’intermediario
La ripetuta operatività del ricorrente, protrattasi per circa sette mesi ed avente ad oggetto prevalentemente opzioni, esclude che possano essere accolte le doglianze legate al fatto che l’intermediario non ne abbia impedito lo svolgimento. Nel caso di specie, per un verso, la mancata sottoscrizione del questionario di profilatura non è un fatto imputabile all’intermediario, essendo dipeso da una decisione precisa e consapevole dello stesso ricorrente, mentre, per altro verso, è destituita di fondamento la doglianza di inadeguatezza dei pop up, generati dalla piattaforma dell’intermediario, a costituire idoneo warning sul fatto che non era possibile procedere con la valutazione di appropriatezza dell’operazione, che, pertanto, ove eseguita, doveva intendersi realizzata a rischio e pericolo del ricorrente.
Decisione n. 6220 del 27 dicembre 2022 (ricorso ID 7464)
Eccezione di falsità della firma - Selezione delle operazioni - Perizia grafologica - Regolare trasmissione dei rendiconti - Ratifica del cliente - Uso opportunistico dell’eccezione
Si profila un uso opportunistico dell’eccezione di falsità della firma quando il ricorrente si limita a denunciare il carattere apocrifo delle sottoscrizioni solo per le operazioni concluse con perdite e non anche rispetto a operazioni che fanno parte della stessa asserita gestione di fatto e occulta, che presentano profili di rischiosità analoghi a quelli delle operazioni contestate, ma che hanno, tuttavia, determinato l’acquisizione di proventi anche significativi. Nel caso di specie, la perizia grafologica depositata agli atti per dimostrare il carattere apocrifo delle sottoscrizioni non è sufficiente per contestare la riferibilità degli ordini al ricorrente: se anche si volesse assumere provata la falsità della sottoscrizione, e ritenere dunque dimostrato che le relative operazioni sono state eseguite su iniziativa del consulente, la circostanza che tali operazioni fossero, comunque, ben note da tempo al ricorrente, anche in ragione della regolare trasmissione dei rendiconti da parte dell’intermediario, consente di ritenere che le stesse siano state, comunque, ratificate, rendendo così del tutto tardivo l’opportunistico disconoscimento delle sottoscrizioni apposte in calce agli ordini.
Decisione n. 6222 del 27 dicembre 2022 (ricorso ID 7798)
Prestazione dei servizi mediante utilizzo di App - Caratteristiche dell’operatività - Utilizzo di credenziali – Consapevolezza del cliente - Interruzione del nesso causale tra inadempimento e danno
Nel caso di prestazione dei servizi tramite l’App per IPhone, le caratteristiche dell’operatività del ricorrente che ha posto in essere numerose operazioni, talora anche con frequenza infragiornaliera, nell’arco di quasi due anni, unitamente alla circostanza che per disporre le operazioni era necessario inserire le credenziali personali di autenticazione, valgono evidentemente a smentire la tesi che egli sia stato indotto in errore sulla natura meramente dimostrativa e non reale delle operazioni disposte. Nel caso di specie, la piena consapevolezza del ricorrente sul fatto che si trattava di operazioni reali, fonte di perdite, è confermata dalla circostanza che questi, pochi mesi dopo l’inizio dell’operatività contestata, ha contattato il servizio clienti chiedendo informazioni in ordine alla chiusura delle operazioni disposta dall’intermediario. Ne discende che, pur non avendo l’intermediario dato prova di aver reso al ricorrente informazioni sulle condizioni di utilizzo dell’App, il suo impiego continuo e ripetuto per un prolungato arco di tempo oltre a denotare, in fatto, un evidente grado di consapevolezza del ricorrente circa le modalità operative dell’applicativo, vale in ogni caso ad interrompere il nesso causale tra il parziale inadempimento informativo del resistente e le perdite sofferte dal ricorrente.
Decisione n. 6221 del 27 dicembre 2022 (ricorso ID 7546)
Servizio di esecuzione di ordini – Posizione in marginazione - Specifica previsione contrattuale - Mancata copertura del margine - Chiusura coattiva della posizione – Non applicabilità della best execution – Iniziativa necessitata dell’intermediario – Integrità dei mercati
E’ esclusa la responsabilità dell’intermediario per non aver dato corretta esecuzione alle operazioni di chiusura di ufficio di posizioni in marginazione quando emerge che il ricorrente, pur avendo appreso che la posizione in derivati detenuta presentava un deficit dei margini richiesti, non ha tempestivamente comunicato all’intermediario l’intenzione di effettuare qualsivoglia versamento a copertura dei margini richiesti, ed ha, anzi, al contrario, continuato ad operare, eseguendo una serie di acquisti su opzioni Call e Put, che hanno aggravato la situazione. Né il ricorrente può addurre che l’intermediario non gli avrebbe assegnato un termine congruo per provvedere al versamento: al riguardo è dirimente il rilievo che la clausola prevista dal contratto per la negoziazione in derivati richiede che il versamento debba essere effettuato il prima possibile e che il conto del cliente deve sempre presentare disponibilità sufficienti per consentire all’intermediario di procedere al ripristino dei margini secondo le disposizioni degli organismi di compensazione e liquidazione di volta in volta competenti. A ciò si aggiunge che, in caso di chiusura coattiva delle posizioni per mancata copertura dei margini, non trova applicazione l’obbligo di best execution, in quanto l’operatività dell’intermediario è oggetto, in tali casi, di una iniziativa necessitata, attuata in un contesto eccezionale nell’interesse primario all’integrità dei mercati, che impedisce di valutarla secondo il metro della diligenza professionale esigibile nell’ambito delle ordinarie situazioni di mercato.
Decisione n. 6270 del 26 gennaio 2023 (ricorso ID 8037)
Distribuzione di prodotti finanziario-assicurativi – Fase successiva alla sottoscrizione – Attività di investimento – Ritardo o ostacolo nella liquidazione – Competenza dell’ACF
Sussiste la competenza dell’ACF a conoscere le controversie relative alle fasi successive alla sottoscrizione delle polizze a seguito delle modifiche normative introdotte dalla c.d. direttiva IDD (2016/97 UE del 20 gennaio 2016) che hanno inciso sulla materia della distribuzione di prodotti finanziario-assicurativi, armonizzandola con quella dei servizi d’investimento. La distribuzione assicurativa non è solo attività di consulenza ma, anche, attività di gestione ed esecuzione dei prodotti di investimento assicurativi: ne deriva che le attività con cui l’Intermediario trasmette le richieste all’assicuratore rientrano nel novero delle attività di investimento che fondano la competenza dell’ACF. E’, dunque, ammissibile il vaglio dell’ACF con riferimento a doglianze riferite alla fase successiva a quella di sottoscrizione delle polizze, in particolare relativamente a quelle controversie attinenti a ritardi ovvero ad ostacoli frapposti dall’intermediario-distributore nell’ambito delle attività di sua competenza prodromiche alla liquidazione della polizza, ferma restando l’incompetenza dell’ACF in ordine a contestazioni che attengano alla liquidazione in senso tecnico del prodotto di investimento assicurativo e ai criteri di calcolo dei costi del riscatto.
Maggio 2023
Decisione n. 6148 del 14 dicembre 2022 (ricorso ID 8123)
Obblighi informativi - Operatività on line - Informativa in concreto - Link alla scheda prodotto - Inidoneità della prova
Non può ritenersi che l’intermediario abbia assolto l’onere della prova di aver reso al cliente le informazioni necessarie per compiere l’operazione di investimento quando, dall’allegata schermata-tipo tramite la quale il cliente può procedere all’acquisto dei titoli oggetto dell’operazione, emerge che essa conteneva solo alcune indicazioni - quali il volume, l’andamento nel corso del tempo, il rating dell’emittente e dell’emissione - che non sono esaustive e non permettono di ritenere assolto in concreto l’obbligo informativo. Né ad esito diverso può condurre il fatto che nella schermata era, comunque, presente apposito link di reindirizzamento ad una pagina contenente in maniera più dettagliata le informazioni necessarie per assumere la scelta di investimento con piena consapevolezza. Al riguardo, deve essere richiamato l’orientamento dell’Arbitro circa l’insufficienza, a fini della prova di aver reso in concreto l’informativa, della mera predisposizione di un link cliccabile che reindirizza alla scheda prodotto (cfr., tra le molte, decisione del 22 ottobre 2021 n. 4412).
Decisione n. 6156 del 15 dicembre 2022 (ricorso ID 7615)
Questionario di profilatura - Contraddittorietà delle risposte - Non attendibilità del profilo del cliente - Non attendibilità della valutazione di adeguatezza
Sussiste la responsabilità dell’intermediario per non aver correttamente profilato il cliente quando le risposte rese nel questionario presentano alcuni evidenti elementi di contraddittorietà, che l’intermediario avrebbe dovuto e potuto facilmente apprezzare e che avrebbero dovuto quanto meno indurlo a cautela nel qualificare il cliente come investitore avente elevata conoscenza finanziaria ed una propensione al rischio medio-alta. In particolare, la stridente contraddizione tra le indicazioni presenti sul questionario riguardo al titolo di studio (diploma di scuola superiore) e professione esercitata (autista), risultante anche dalla carta di identità, e la dichiarazione sulla conoscenza ed esperienza che sarebbe stata acquisita per motivi di studio/lavoro, nonché la situazione finanziaria indicata, obiettivamente modesta, e soprattutto la scarsa attendibilità, rispetto alla situazione descritta, di una risposta alla domanda sulle abitudini di investimento che indicava una “frequenza elevata” con movimentazione del portafoglio “anche più volte l’anno”, dovevano suscitare più di un dubbio sull’attendibilità della qualificazione di una elevata propensione al rischio e, dunque, sulla possibilità di riconoscere al cliente un profilo dinamico. La scarsa attendibilità del profilo comporta conseguentemente anche la non attendibilità della valutazione di adeguatezza dell’operazione di investimento, che l’intermediario ha egualmente reso.
Decisione n. 6159 del 15 dicembre 2022 (ricorso 7760)
Servizio di consulenza - Inadempimenti del consulente - Concorso di colpa del cliente - Riduzione del risarcimento
Pur in presenza di reiterati inadempimenti - su di un’attività consulenziale protrattasi per diversi anni - ai doveri di corretta esecuzione del servizio, dotati di sicura rilevanza causale nella produzione del danno lamentato, sussiste il concorso di colpa del cliente quando è lo stesso ad ammettere di avere creato condizioni favorevoli alla possibilità che il consulente sviluppasse un’attività più rischiosa e non in linea con una sua propensione maggiormente conservativa, accettando di sottoscrivere un questionario che sapeva non riflettere adeguatamente il proprio profilo di investitore. Altro sintomo di poca diligenza del cliente deriva nell’aver tollerato che l’attività si protraesse per più anni, senza preoccuparsi di monitorare i propri investimenti e di confrontarsi periodicamente con il consulente.
Decisione n. 6167 del 16 dicembre 2022 (ricorso ID 7246)
Consulenza indipendente - Raccomandazioni di vendita - Asserita tardività - Condivisione della strategia di disinvestimento - Assenza di responsabilità del consulente
Non sussiste la responsabilità del consulente per aver tardivamente raccomandato il disinvestimento dei titoli EFT short a leva presenti nel portafoglio del cliente quando, dalla corrispondenza intercorsa, emerge che il cliente palesava una idonea consapevolezza, autonomia di giudizio e di iniziativa, che gli consentiva di valutare la strategia raccomandata dal consulente e risulta, in modo dirimente, che egli ne condivideva anche il contenuto. Nel caso di specie, risulta accertato che il cliente fosse partecipe delle scelte di gestione dei titoli del consulente - vale a dire, procedere al disinvestimento dei titoli al graduale raggiungimento delle soglie di prezzo preventivamente indicate - e che, dunque, le sue doglianze sono fondate su una ricostruzione ex post dell’andamento degli indici sottostanti gli strumenti finanziari e non su evidenze oggettive idonee a poter lasciar presagire ex ante un andamento diverso del mercato. È, pertanto, esclusa la responsabilità del consulente.
Decisione n. 6168 del 16 dicembre 2022 (ricorso ID 7430)
Competenza dell’ACF - Distribuzione di prodotti finanziari assicurativi - Clausole contrattuali sulla remunerazione dell’assicuratore - Esclusione
Nelle controversie aventi ad oggetto la distribuzione di prodotti finanziari assicurativi non sussiste la competenza dell’ACF quando la prospettazione del ricorrente è completamente centrata sull’interpretazione e applicazione del contratto di assicurazione, cioè sulla pattuizione avente ad oggetto la modifica delle clausole sulla remunerazione dell’assicuratore. Infatti, va ricordato, che dapprima si era ritenuta l’incompetenza dell’ACF, in quanto l’art. 25-bis TUF (poi divenuto 25-ter), nella formulazione precedente a quella attualmente in vigore, comprendeva nell’ambito di applicazione delle norme del TUF la sola fase di sottoscrizione dei prodotti assicurativi finanziari, escludendo implicitamente quella successiva all’acquisto, devoluta alla competenza dell’IVASS. Successivamente, è stato necessario tenere conto della modifica di tale disposizione attuata con il d.lgs. n. 68 del 21 maggio 2018, in recepimento della Direttiva 2016/97 del 20 gennaio 2016 (IDD) per l’armonizzazione delle disposizioni nazionali degli Stati membri concernenti l’avvio e lo svolgimento dell’attività di distribuzione dei prodotti finanziari assicurativi: in particolare, nella norma innovata si legge che «la distribuzione dei prodotti d’investimento assicurativi è disciplinata dalle disposizioni di cui al Titolo IX del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e dalla normativa europea direttamente applicabile». L’art. 25-ter, comma 2-bis, del TUF, così come l’analoga disposizione contenuta nel Codice Assicurazioni Private (cfr. art. 121 quater, comma 2), prevede, poi, che il potere regolamentare della Consob e dell’IVASS in relazione alla distribuzione di IBIP da parte dei rispettivi soggetti vigilati sia esercitato sentita l’altra Autorità e in «in modo da garantire uniformità alla disciplina applicabile alla vendita dei prodotti d’investimento assicurativo a prescindere dal canale distributivo e la coerenza e l’efficacia complessiva del sistema di vigilanza sui prodotti di investimento assicurativi, nonché il rispetto della normativa europea direttamente applicabile». Ne discende che, in considerazione sia dell’uniformità delle due discipline, ma soprattutto del fatto che gli intermediari oggi sono, comunque, tenuti al rispetto della normativa primaria, non più prevista dal TUF ma dal CAP, e che lo stesso Arbitro è chiamato ad applicare entrambe le discipline, si è concluso che non trovi più ragion d’essere il riparto di competenze tra ACF e IVASS. La soluzione prescelta, quindi, è quella della competenza del Collegio anche per le controversie concernenti la fase successiva alla sottoscrizione delle polizze, in particolare laddove abbiano ad oggetto i ritardi o gli ostacoli frapposti alla liquidazione della polizza da parte dell’intermediario che di norma ha anche distribuito il prodotto. Nel caso di specie, è esclusa la competenza dell’ACF in quanto il ricorso si fonda sulla richiesta di restituzione delle commissioni già corrisposte, che ha evidentemente quale legittimato passivo l’impresa assicuratrice, sul richiamo all’art. 1903 c.c. che, essendo dedicato agli agenti di assicurazione, colloca la pretesa del ricorrente nel perimetro del rapporto con l’impresa e i suoi mandatari.
Decisione n. 6169 del 16 dicembre 2022 (ricorso ID 7449)
Servizio di gestione collettiva del risparmio - Strategia di investimento - Irragionevolezza della modifica - Responsabilità della SGR
La discrezionalità della SGR trova un limite nella determinazione della strategia di investimento presentata al cliente, la cui modifica è insindacabile solo se risponde a un criterio di ragionevolezza, che deve essere allegato e provato dall’intermediario. Nel caso di specie, è incontroverso tra le parti che il materiale informativo predisposto dalla SGR in forma di slides (cd. a uso interno), pur non rientrando a rigore nella documentazione prevista dalla normativa vigente per l’assolvimento degli obblighi informativi, sia stato effettivamente consegnato al cliente dall’intermediario collocatore. Orbene, tali documenti consentono di rilevare un contrasto tra la decisione di alienare, dopo un anno dall’investimento, e quanto riportato nelle predette slides: il mutamento nella strategia di gestione non è stato in alcun modo spiegato dalla SGR, e, in sostanza, non si è rivelato fruttuoso, determinando una perdita per gli investitori. Pertanto, la SGR è tenuta al risarcimento del danno subito dal cliente.
Aprile 2023
Decisione n. 5963 del 25 ottobre 2022 (ricorso ID 7989) e Decisione n. 5964 del 25 ottobre 2022 (ricorso ID 7990)
Obblighi informativi - Costi di liquidazione anticipata dei fondi - Consegna della documentazione informativa - Dichiarazione del cliente - Corretto adempimento
Risultano correttamente assolti gli obblighi informativi dell’intermediario quando nell’ordine di sottoscrizione, firmato dal ricorrente, è riportata la dichiarazione di quest’ultimo di aver preso visione e accettato, non soltanto i KID dei fondi, ma anche il documento denominato «Allegato al modulo di sottoscrizione», ossia il documento contenente l’indicazione delle molteplici spese e commissioni di estinzione anticipata. Ne consegue, pertanto, che può trovare applicazione il principio più volte affermato dal Collegio ai sensi del quale la sottoscrizione della dichiarazione di avvenuta consegna della documentazione informativa costituisce prova piena del fatto ivi attestato.
Decisione n. 5977 del 27 ottobre 2022 (ricorso ID 7803)
Obblighi informativi – Operatività on line – Link alla scheda prodotto – Assenza di modalità bloccante – Circostanze del caso concreto – Consapevolezza dell’investimento
Il Collegio ha precisato, in numerose occasioni, che la mera previsione del link cliccabile che rimanda alla scheda prodotto non è modalità di per sé sufficiente per ritenere pienamente dimostrato che le informazioni sono state rese in assenza di una funzionalità di tipo bloccante che impedisca l’operazione in assenza di dichiarazione di presa visione della scheda. Tuttavia, nel caso di specie, la concreta modalità operativa del ricorrente, che ha compiuto ben quattro operazioni sullo strumento, oltretutto in tempi diversi, e poi anche a prezzi largamente scontati rispetto al valore nominale, consente di ritenere comunque acquisita indiziariamente la prova che il ricorrente abbia avuto piena consapevolezza, appunto attraverso la lettura della scheda, delle caratteristiche delle obbligazioni, del rischio ad esse sotteso e abbia, in definitiva, compiuto scelte consapevoli quanto alla aleatorietà dell’investimento.
Decisione n. 6009 del 2 novembre 2022 (ricorsi ID 7910 e 8660)
Servizio di esecuzione di ordini – Ordine di acquisto - Obblighi informativi in sede di esecuzione – Aumento del prezzo – Mancanza di copertura – Violazione dell’art. 1710, comma 2, c.c.
L’intermediario che non informa il cliente del fatto che, ove l’ordine venga eseguito per la quantità indicata al nuovo prezzo di mercato, l’operazione non trova copertura nella provvista presente sul conto viola l’art. 1710, comma secondo, del c.c. – dettato in tema di mandato ma espressione di un principio generale, applicabile in ogni ambito di operazioni eseguite per conto altrui, e, dunque, valevole anche per il servizio di esecuzione di ordini e di negoziazione – ai sensi del quale «il mandatario è tenuto a rendere note al mandante le circostanze sopravvenute che possono determinare la revoca o modificazione del mandato». La circostanza che l’esecuzione dell’ordine, seppure al prezzo di mercato, determina una esposizione debitoria del cliente verso l’intermediario rientra certamente nel novero delle «circostanze sopravvenute» idonee a determinare la «revoca o modificazione» del mandato e, dunque, l’intermediario-mandatario è obbligato a comunicare al cliente-mandante, si dà consentire a quest’ultimo di fare le sue valutazioni e decidere se confermare l’ordine, accettando lo scoperto, oppure revocarlo integralmente o ancora modificarlo, riducendo il quantitativo oggetto dell’operazione, così da mantenerla nei limiti della provvista esistente.
Non esclude l’inadempimento dell’intermediario la previsione delle condizioni generali di contratto, che lascia alla assoluta discrezionalità dell’intermediario, decidere se onorare l’ordine allo scoperto: una simile clausola non può valere a disapplicare la regola dettata dall’art. 1710, comma 2, c.c., che costituisce una disposizione di carattere imperativo sicché, anche volendo ammettere che la decisione se eseguire l’ordine allo scoperto resti del mandatario, la clausola non può valere ad esonerare quest’ultimo dall’obbligo di un confronto preventivo con il mandante circa la sua volontà di essere o meno esposto al rischio dello scoperto.
Decisione n. 6073 del 17 novembre 2022 (ricorso ID 7537)
Illecito del promotore - Responsabilità solidale dell’intermediario ex art. 31 del TUF - Relazione di occasionalità necessaria
Una volta raggiunta la prova dell’illecito commesso dal promotore sussiste la responsabilità solidale dell’intermediario quando non è revocabile in dubbio l’esistenza della relazione di occasionalità necessaria tra l’attività svolta dal promotore per conto dell’intermediario e l’illecito perpetrato ai danni del cliente: su tale relazione riposa – secondo gli orientamenti consolidati della Cassazione – la possibilità di dichiarare l’intermediario tenuto, in solido, al risarcimento del danno. Nel caso in esame, è decisiva la considerazione che la modulistica utilizzata dal promotore per simulare l’investimento nel certificato [omissis] e nel titolo [omissis] reca nell’intestazione, nel primo caso, la vecchia denominazione dell’intermediario e nel secondo quella attuale, così rafforzando la convinzione di stare effettuando investimenti con l’intermediazione della banca stessa, per il tramite del suo promotore.
Decisione n. 6090 del 21 novembre 2022 (ricorso ID 7776)
Obblighi informativi - Onere probatorio dell’intermediario - Mancato assolvimento - Irrilevanza dell’esperienza finanziaria e della propensione al rischio del cliente
Sussiste la responsabilità dell’intermediario per violazione degli obblighi informativi quando si è limitato a produrre una scheda prodotto senza provare né quali informazioni fossero effettivamente disponibili sul sito, né le modalità con le quali gli investitori avrebbero potuto concretamente accedervi e, soprattutto, se sulla piattaforma era implementata – come il Collegio ha più volte affermato essere necessario, al fine di soddisfare pienamente l’onere della prova nel caso di investimenti disposti tramite piattaforma di trading on line – un funzionalità che rendesse in qualche modo impossibile disporre l’ordine senza prima aver preso visione delle informazioni sulle caratteristiche dello strumento. Al riguardo ad esito diverso non si può giungere valorizzando la circostanza che i ricorrenti risultano, sulla base delle risposte ai questionari (da questi sottoscritti e a cui devono, pertanto, ritenersi vincolati), come investitori dotati di significativa esperienza finanziaria, e poi, come risulta dalla operatività complessiva, anche investitori che non erano complessivamente alieni dall’effettuare investimenti caratterizzati anche da un elevato livello di rischio, quali le obbligazioni oggetto del contendere.
Come il Collegio ha avuto già più volte modo di precisare, il livello di esperienza finanziaria del ricorrente, quale risultante dalla pregressa attività di investimento, e la sua spiccata propensione a orientarsi verso titoli ad alto rischio e ad alto rendimento, non sono sufficienti ad escludere l’efficienza causale, sulla scelta di investimento, dell’inadempimento informativo dell’intermediario. Il fatto che un investitore possa avere una propensione speculativa o una preferenza per un certo tipo di strumenti non è elemento che di per sé consente automaticamente di inferire che egli si orienti nelle scelte di investimento senza opportunamente vagliare il quadro informativo a sua disposizione o, peggio, che per esso sia totalmente irrilevante la conoscenza dei concreti elementi che connotano le opzioni di investimento, pur altamente rischiose, che vengono di volta in volta in rilievo. La circostanza che i ricorrenti siano degli investitori dotati di un certo livello di conoscenza e di esperienza finanziaria assume, semmai, rilievo – come il Collegio ha egualmente avuto modo di precisare – ai fini della determinazione della misura del risarcimento del danno: si può, infatti, ritenere che un investitore dotato di esperienza e conoscenza in materia finanziaria, aduso ad operare in autonomia sui mercati finanziari sia in grado di percepire, diversamente dall’investitore meno esperto, anche i segnali che provengono dal mercato, e, quindi, in grado di reagire con maggiore tempestività alla perdita significativa di valore dello strumento finanziario acquistato, ponendo in essere le doverose iniziative di liquidazione del medesimo al fine di evitare l’aggravamento del danno.
Decisione n. 6092 del 21 novembre 2022 (ricorso ID 8048)
Obblighi informativi - Omessa indicazione della natura subordinata del titolo - Assenza di un obbligo legale di indicazione della subordinazione - Inadempimento dell’intermediario
Non può ritenersi che abbia correttamente adempiuto gli obblighi informativi l’intermediario che - al momento dell’operazione di investimento avente ad oggetto propri titoli subordinati, poi sottoposti alla misura del burden sharing e oggetto di conversione coattiva in azioni - abbia descritto gli strumenti finanziari come appartenenti al gruppo delle “obbligazioni ordinarie”, senza dare alcuna indicazione in merito alla loro natura di strumenti subordinati. A questo proposito non rileva la circostanza che, all’epoca, non esistesse alcuna previsione di rango regolamentare che prescrivesse l’indicazione della natura subordinata nell’anagrafica del titolo: un’obbligazione subordinata è, infatti, uno strumento finanziario che incorpora un livello di rischio di genere e natura diversi da quelli di un’obbligazione ordinaria, sicché si tratta – anche in assenza di un obbligo regolamentare di indicarlo nell’anagrafica – di un’informazione che non può non essere resa al momento dell’investimento, perché senza di essa il cliente non può adeguatamente apprezzare il rischio dell’operazione che compie e, dunque, non può orientarsi in maniera consapevole nelle scelte che riguardano l’allocazione del proprio risparmio.
Decisone n. 6093 del 21 novembre 2022 (ricorso ID 8120)
Cessione di ramo d'azienda - Legittimazione passiva del cedente - Art. 2560 c.c. - Responsabilità del cedente - Clausola pattizia di esonero - Rilevanza nei rapporti interni
Nel caso di cessione del ramo d'azienda la previsione contenuta nell'atto di cessione del passaggio al cessionario di ogni contenzioso relativo a rapporti ricompresi nel ramo ceduto non è idonea a far venire meno la legittimazione passiva del cedente. Infatti, essendo la cessione del rapporto intervenuta nell'ambito di una operazione riconducibile alla fattispecie della cessione di ramo d'azienda, nel caso in esame trova applicazione la regola dettata dall'art. 2560 c.c. per cui per le obbligazioni sorte prima del trasferimento - e tale è certamente quella risarcitoria, che sorge con l'adempimento - la titolarità dell'obbligazione resta sempre in capo al cedente, che continua così a rispondere del suo adempimento, a tale responsabilità affiancandosi, in presenza delle condizioni previste dalla norma, quella del cessionario, e potendo la liberazione del primo intervenire solo ove vi sia il consenso del creditore. La previsione contenuta nel contratto di cessione vale, dunque, unicamente a sancire nei rapporti interni tra intermediario cedente e intermediario cessionario che quest’ultimo si è accollato ogni obbligazione risarcitoria conseguente ai rapporti ceduti, ma certo non può valere a far venire meno la titolarità dell’obbligazione risarcitoria, e la conseguente responsabilità, da parte del cedente, ai sensi dell’art. 2560 c.c., almeno in assenza di una espressa liberazione da parte del potenziale creditore.
Marzo 2023
Decisione n. 5872 del 26 settembre 2022 (ricorso ID 7381)
Correlazione tra IRS e contratto di finanziamento - Diminuzione dell’Euribor - Domanda di nullità – Obblighi informativi - Domanda di risarcimento - Infondatezza
Nel caso di sottoscrizione di un IRS con funzione di copertura di un finanziamento non è fondata la domanda di nullità che faccia leva sul fatto che l’Euribor negli anni sia progressivamente diminuito. Tale argomento - oltre a non considerare che il derivato era stato concluso per coprire il rischio di un’oscillazione dei tassi su un rapporto di finanziamento, sicché non era possibile escludere a priori, considerata la lunghissima durata del rapporto, che quella funzione apparentemente all’inizio inutile si sarebbe potuta attualizzare nel prosieguo - finisce per confondere giudizio di validità - che va condotto sulla base della considerazione della esistenza o no della correlazione strutturale tra IRS e contratto di finanziamento - con la diversa questione della valutazione soggettiva da parte del cliente circa la maggiore o minore convenienza del contratto.
È infondata anche la domanda di risarcimento del danno in quanto l’Intermediario ha dimostrato di aver adempiuto gli obblighi informativi, illustrando le diverse componenti che concorrevano al complessivo esborso finanziario sostenuto, distinguendo fair value e costi che gravano, implicitamente o esplicitamente, sul cliente, nonché informando correttamente circa la previsione di iniziale decrescita dei tassi.
Decisione n. 5875 del 28 settembre 2022 (ricorso ID 8379)
Contratto quadro - Calcolo dei margini – Modalità di determinazione per relationem - Assenza di vessatorietà – Validità della clausola
Non è nulla la previsione contrattuale che stabilisce che “il valore dei margini di garanzia richiesti dalla Banca, (...) potrà eventualmente eccedere quello imposto dalla regolamentazione disciplinante il funzionamento dei mercati nei quali gli strumenti finanziari derivati vengono negoziati e potrà essere modificato mediante semplice comunicazione al cliente effettuato anche tramite tecnica di comunicazione a distanza”: tale clausola non può essere considerata affetta da elementi di indeterminatezza quando, per un verso, il contratto disciplina in maniera puntuale solo gli aspetti generali della marginazione, per altro verso, esso rinvia, quanto ai dettagli tecnici e alla misura dei margini, alla documentazione resa disponibile sul sito dell’intermediario, ciò che permette di considerare il contenuto della pattuizione come sempre determinabile per relationem. Tale modalità di determinazione del contenuto della regola contrattuale, oltre ad essere estremamente diffusa tra gli operatori, non può considerarsi irragionevole: risponde, infatti, all’esigenza di evitare che il contratto quadro faccia riferimento a dettagli tecnici che possano poi divenire anche rapidamente obsoleti, potendo le percentuali dei margini da versare, sia quelli iniziali sia quelli di variazione, essere soggette ad aggiornamenti anche frequenti per tenere conto di numerosi fattori, tra i quali le condizioni di mercato (ad es. elevata volatilità) o eventi che impattano sul rischio di insolvenza del sistema complessivo, senza tener conto di fattori eventualmente attinenti al profilo di rischio dello specifico cliente. Parimenti da escludere è la nullità della clausola per vessatorietà, in quanto l’art. 33, comma 2, lett. m), Codice del consumo esclude espressamente l’applicabilità ai contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari o altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un corso o di un indice di borsa o di un tasso che non siano controllati dal professionista.
Decisione n. 5887 del 4 ottobre 2022 (ricorso ID 7578)
Obblighi informativi – Consegna del KID – Segnalazione di inadeguatezza/inappropriatezza – Profilo del ricorrente - Caratteristiche dell’operatività – Autonomia delle scelte di investimento
L’intermediario ha dimostrato di aver assolto gli obblighi di informazione su di esso incombenti avendo fornito evidenza della consegna del KID, contenente una informazione sintetica ma completa delle caratteristiche e dei rischi dell’ETC. Il KID precisava, oltre al fatto che si trattava di uno strumento con rischio massimo, che il prodotto era destinato a investitori “che sono in grado di sostenere una perdita di capitale, non mirano alla conservazione del capitale e non cercano una garanzia di conservazione del capitale”. Non può, dunque, rilevare l’affermazione del ricorrente secondo cui egli sarebbe incorso in un misunderstanding sulle caratteristiche del prodotto, non essendo credibile che un soggetto con il suo livello di istruzione, quand’anche fosse stato del tutto digiuno di esperienza finanziaria, possa aver frainteso il significato del documento e pensare di investire in uno strumento “sicuro”, poi assistito dalla garanzia di conservazione del capitale. Nel caso in esame, sin dall’esecuzione della prima operazione, l’intermediario ha svolto anche le valutazioni di adeguatezza e di appropriatezza e le stesse hanno sempre dato esito negativo, come da comunicazione inviata al cliente, il quale, ciò nonostante, ha egualmente disposto l’operazione. Dal momento che quella del ricorrente è stata un’operatività protrattasi in un triennio, e poi particolarmente intensa, il fatto che l’intermediario abbia sin da principio segnalato l’inappropriatezza e inadeguatezza delle operazioni non fa che confermare come le perdite poi sopravvenute non possano che imputarsi esclusivamente alla scelta azzardata e poco responsabile del ricorrente, che ha continuato pervicacemente in una strategia di investimento su prodotti che l’intermediario gli ha ripetutamente segnalati come non adeguati, né appropriati. Né, d’altra parte, può seguirsi la tesi del ricorrente che vorrebbe spingere la logica dell’“accudimento del cliente” - a cui pure la MIFID è evidentemente ispirata - sino all’estremo di configurare a carico dell’intermediario un obbligo di sostituirsi all’investitore, che pure avvertito della inadeguatezza e inappropriatezza, abbia egualmente ritenuto di disporre le operazioni di investimento e di bloccarne di imperio l’operatività, quasi che si trattasse di un soggetto incapace di autodeterminarsi.
Decisione n. 5888 del 4 ottobre 2022 (ricorso ID 7601)
Questionario di profilatura – Principio di autoresponsabilità – Attendibilità del questionario - Assenza del carattere opportunistico
Obblighi informativi – Consegna del KID – Sufficienza delle informazioni
Il principio di autoresponsabilità comporta che, con la sottoscrizione del questionario, il cliente assume la paternità delle dichiarazioni rese, a cui deve considerarsi pertanto vincolato. È escluso il carattere opportunistico della profilatura quando non emergono dagli atti elementi di carattere oggettivo che permettano di considerare le risposte rese, e il conseguente profilo attribuito, come manifestamente inattendibili, non essendo le stesse informazioni demografiche di per sé sufficienti per considerare inattendibili le risposte rese in relazione agli obiettivi di investimento o la tolleranza al rischio.
È escluso l’inadempimento degli obblighi informativi quando lo stesso ricorrente ammette di aver ricevuto il KID, ossia il documento recante le informazioni chiave sulle caratteristiche dell’investimento. Nel sistema delineato dal legislatore eurounitario il KID rappresenta lo strumento che serve a colmare le asimmetrie informative di cui l’investitore è vittima, in modo da consentirgli di assumere una consapevole scelta di investimento. Sotto questo aspetto non può, dunque, seguirsi la tesi del ricorrente, secondo cui la connotazione pur sempre tecnica del KID lo renderebbe strumento intrinsecamente inidoneo ad assolvere gli obblighi informativi. Accogliendola si finirebbe, infatti, per mettere in discussione la stessa scelta normativa, che appunto identifica in tale documento il mezzo necessario e sufficiente per mettere l’investitore in condizione di agire in maniera consapevole.
Decisione n. 5890 del 4 ottobre 2022 (ricorso ID 8089)
Delega ad effettuare operazioni di investimento - Valutazione di adeguatezza - Obblighi informativi - Artt. 1390 e 1391 c.c.
Nelle operazioni di investimento che sono disposte tramite un soggetto delegato ad operare per conto altrui l’analisi di adeguatezza, ossia di coerenza dell’operazione con gli obiettivi di investimento, va condotta in relazione al profilo del soggetto su cui ricadono gli effetti dell’operazione, mentre la valutazione riguardante il corretto adempimento degli obblighi informativi deve essere riferita alla posizione del delegato, ordinante l’operazione, perché è il delegato ordinante che deve essere messo in condizione di eseguire la scelta consapevole dell’investimento, ancorché effettuato per conto altrui. Si tratta di una distinzione che risponde ai principi generali che informano l’attività contrattuale per conto altrui: si veda, in questo senso, quanto disposto persino dalle norme dettate in materia di rappresentanza nel contratto - artt. 1390 e 1391 c.c. - là dove sottolineando che, ai fini delle analisi di eventuali fenomeni patologici nella formazione del consenso, si ha riguardo alla condizione soggettiva in cui versa il rappresentante.
Decisione n. 5891 del 4 ottobre 2022 (ricorso ID 8322)
Quantificazione del danno – Compensatio lucri cum damno – Modalità applicative
Nella prospettiva dell’applicazione del principio della compensatio lucri cum damno si può tenere conto solo delle utilità direttamente derivanti dal fatto produttivo del danno e, dunque, nell’ambito dei danni derivanti da una non corretta prestazione del servizio di investimento, solo di eventuali proventi che l’investitore abbia ritratto proprio dall’operazione della cui dannosità si duole e rispetto alla quale l’inadempimento si è concretizzato e non certo anche da investimenti diversi, per quanto possano avere avuto ad oggetto strumenti finanziari simili.
Decisione n. 5898 del 10 ottobre 2022 (ricorso ID 7209)
Competenza dell’ACF – Principio della prospettazione - Ammissibilità del ricorso
L’ACF può conoscere di ogni controversia relativa alla violazione da parte degli intermediari degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza nella prestazione di servizi di investimento, indipendentemente dal tipo di rimedio richiesto dal cliente. Condizioni necessarie e sufficienti per l’ammissibilità del ricorso sono, dunque, rappresentate dal fatto che il ricorrente alleghi un inadempimento dell’intermediario agli obblighi inerenti alla prestazione del servizio e che la misura che egli richieda, qualunque essa sia, risulti idonea a soddisfare l’interesse fatto valere.
Decisione n. 5904 dell’11 ottobre 2022 (ricorso ID 8106)
Legittimazione attiva – Successione ereditaria
Sussiste la legittimazione attiva in capo ai ricorrenti in quanto sono subentrati mortis causa nel diritto al risarcimento del danno per le quote del Fondo cadute in successione in capo al loro de cuius a cui, a sua volta, erano stati attribuiti iure hereditatis tutti i diritti rientranti nell’asse della de cuius, tra cui il diritto al risarcimento dei danni che quest’ultima vantava nei confronti dell’intermediario per gli inadempimenti commessi nella prestazione del servizio di investimento.
Febbraio 2023
Decisione n. 5765 del 22 agosto 2022 (ricorso ID 6835)
Servizio di esecuzione di ordini – Chiusura forzata delle posizioni – Necessità di reintegrare i margini – Tutela dell’integrità del mercato – Miglior soddisfacimento dell’interesse del cliente
Non sussiste la violazione degli obblighi di diligenza da parte dell’intermediario nell’esecuzione delle operazioni di chiusura delle posizioni - e segnatamente per averle eseguite a prezzi asseritamente non coerenti con le quotazioni di mercato - quando emerge il carattere necessitato dell’iniziativa, conseguente all’inadempimento da parte del cliente degli obblighi di integrazione dei margini: proprio perché si tratta di iniziativa finalizzata a soddisfare un interesse (anche) collettivo, quale quello all’integrità del mercato, è esclusa la possibilità di contestare violazione di obblighi di best execution.
Nel caso di specie, inoltre, l’intervento dell’intermediario è stato mirato a ripristinare i margini, e quasi azzerare il saldo negativo del conto, mantenendo, tuttavia, nei limiti del possibile le strategie poste in essere dal ricorrente, sicché, anche ove si volesse valutare la condotta del resistente secondo gli ordinari parametri di diligenza in relazione all’obiettivo del miglior soddisfacimento dell’interesse del cliente, tali criteri appaiono nella specie rispettati.
Decisione n. 5766 del 22 agosto 2022 (ricorso ID 6836)
Operatività on line – Conformazione e limiti operativi della piattaforma – Scelta dell’intermediario – Sottoscrizione del contratto – Accettazione del cliente
Gli intermediari sono liberi di scegliere quale tipologia di servizi on line offrire alla clientela e di definirne i limiti operativi. La conformazione tecnica della piattaforma, così come i limiti preimpostati all’operatività della clientela, concorrono a definire l’oggetto del servizio offerto che il cliente valuta prima di sottoscrivere il contratto. Se egli non intende soggiacere alla limitazione operativa predefinita a monte dall’intermediario, non dovrà fare altro che non aderire al servizio, potendo evidentemente rivolgersi, in un mercato concorrenziale, ad intermediari che offrano servizi analoghi ma senza la descritta limitazione. Una volta sottoscritto il contratto, il cliente può sempre legittimamente pretendere dall’intermediario che questi assicuri una efficiente funzionalità della piattaforma nell’ambito del tipo di servizi che ha scelto di offrire al pubblico ma non può pretendere che l’intermediario, che ha per scelta tecnica stabilito a monte limiti ad un certo tipo di operatività, poi modifichi quella determinata impostazione che connota il servizio che intende offrire al pubblico.
Decisione n. 5792 del 25 agosto 2022 (ricorso ID 8147)
Prescrizione - Costituzione di parte civile nel processo penale - Inidoneita' interruttiva
Prescrizione - Dies a quo - Inadempimento dell’intermediario - Certezza del diritto
Il ricorrente non può evocare la costituzione di parte civile in sede penale come atto idoneo ad interrompere la prescrizione, in quanto tale atto può avere valenza interruttiva solo in relazione alla fattispecie illecita oggetto dell'accertamento penale e non per il diritto al risarcimento del danno derivante dalla violazione degli obblighi inerenti alla prestazione dei servizi di investimento.
La soluzione che individua la decorrenza della prescrizione nel momento in cui si è verificato l'inadempimento da parte dell'intermediario degli obblighi normativamente previsti, anzichè in quello in cuil'investitore ha percezione del danno, è la più idonea a garantire l'esigenza di certezza dei rapporti giuridici. D'altra parte, a ritenere diversamente, assumendo che a determinare l'esordio della prescrizione sia solo l'emersione della perdita di valore dello strumento finanziario - che tuttavia, alla luce delle alee che tipicamente caratterizzano l'investimento finanziario, sopratutto quello azionario, potrebbe manifestarsi anche a distanza di decenni dall'operazione - si finirebbe per rendere le pretese risarcitorie per danni da non corretta scelta dell'investimento sostanzialmente imprescrittibili, con un effetto di over protection dell'investitore.
Decisione n. 5793 del 25 agosto 2022 (ricorso ID 8647)
Violazione degli obblighi informativi – Fase precontrattuale dell’investimento – Esecuzione del contratto quadro – Natura contrattuale della responsabilità – Prescrizione decennale
L’inadempimento da parte dell’intermediario agli obblighi di informazione sulle caratteristiche degli strumenti finanziari - sebbene costituisca concettualmente un inadempimento di obblighi strumentali ad una decisione riguardante il compimento di una futura, determinata operazione di investimento, sicché essi si collocano in una dimensione effettivamente precontrattuale - si inscrive, tuttavia, all’interno della relazione contrattuale intercorrente tra intermediario e investitore originata dal contratto quadro per la prestazione dei servizi di investimento, di cui costituisce un momento attuativo e, dunque, rappresenta inadempimento ad un contratto tra essi intercorrente, sicché genera in capo all’intermediario una responsabilità di natura contrattuale. Ne deriva, pertanto, l’applicazione dell’ordinario termine decennale per la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni conseguenti a tale inadempimento.
Decisione n. 5822 del 12 settembre 2022 (ricorso ID 7467)
Servizio di gestione individuale di portafogli - Adeguatezza della strategia - Valutazione ex ante e in concreto
Tenuto conto delle caratteristiche proprie del servizio di gestione individuale di portafogli - che è caratterizzato da un ampio margine di discrezionalità valutativa da parte del gestore e i cui risultati sono naturalmente caratterizzati da inevitabile aleatorietà - per imputare all’intermediario una qualche responsabilità per le perdite sofferte è necessario dimostrare, secondo una prospettiva che deve essere condotta sulla base di un giudizio ex ante e in concreto, che la gestione complessiva non è stata oggetto di adeguata ponderazione e che i risultati negativi conseguenti a una certa strategia erano già prevedibili ex ante. Non possono trovare accoglimento le doglianze informate alla logica del “senno del poi”, vale a dire che ricostruiscono quelle che sarebbero state le strategie diligenti di gestione sulla base della conoscenza dei fatti poi realmente accaduti.
Decisione n. 5823 del 12 settembre 2022 (ricorso ID 7585)
Accordo transattivo – Consapevolezza del ricorrente – Incompetenza dell’Arbitro – Estinzione del ricorso
La sottoscrizione dell’accordo transattivo, e per effetto della rinuncia ivi contenuta, estingue ogni pretesa del ricorrente per eventuali inadempimenti dell’intermediario con conseguente rigetto della domanda di risarcimento dei danni. L’Arbitro non può esaminare – perché manifestamente estranea alla propria competenza – una eventuale domanda volta ad accertare l’esistenza di una reale consapevolezza del ricorrente e, dunque, di una reale volontà di sottoscrivere l’accordo transattivo.
Decisione n. 5824 del 12 settembre 2022 (ricorso ID 8152) - Decisione n. 5826 del 12 settembre 2022 (ricorso ID 8187)
Domanda di restituzione – Prescrizione – Dies a quo – Esecuzione della prestazione sine titulo
Domanda di risarcimento – Prescrizione – Dies a quo - Consumazione dell’inadempimento
Secondo il consolidato orientamento dell’Arbitro la prescrizione del diritto alla restituzione di somme di denaro corrisposte in base a un titolo contrattuale affetto da nullità inizia a decorrere dal momento in cui è stata eseguita la prestazione che si assume sine titulo: nel caso di operazioni di acquisto di strumenti finanziari, quindi, il dies a quo della prescrizione del diritto alla restituzione delle somme impiegate nell’investimento si identifica con il giorno in cui quest’ultimo è stato effettuato.
L’Arbitro ha più volte chiarito che il dies a quo della decorrenza del termine decennale di prescrizione della pretesa risarcitoria si deve necessariamente indentificare con quello in cui l’inadempimento si consuma e in cui si realizza, conseguentemente, la lesione del bene protetto, ossia la lesione del diritto del cliente di poter orientare consapevolmente le proprie scelte di investimento.
Decisione n. 5855 del 20 settembre 2022 (ricorso ID 7964)
Gestione di un portale per la raccolta di capitali per le piccole e medie imprese – Intermediari ex art. 2, comma 1, lett. h del Regolamento ACF – Obbligo di adesione all’ACF – Competenza dell’Arbitro
Sussiste la competenza dell’Arbitro anche nel caso in cui la gestione di un portale per la raccolta di capitali per le piccole e medie imprese non sia svolta da un intermediario autorizzato anche alla prestazione dei servizi di investimento, bensì da un soggetto semplicemente iscritto nell’apposito registro.
Vero è che, ai sensi dell’art. 4 del Regolamento ACF, l’ambito della cognizione dell’Arbitro è formalmente limitato alle sole controversie con intermediari che attengono alla violazione “degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza previsti nei confronti degli investitori nell’esercizio delle attività disciplinate nella parte II del TUF”, ossia degli obblighi che attengono alla prestazione dei servizi di investimento e alla cui osservanza sono tenuti solo i gestori dei portali che siano anche prestatori di questi ultimi, tuttavia, nella definizione di “intermediari” di cui all’art. 2, comma 1, lett. h), dello stesso Regolamento, i “gestori di portali per la raccolta di capitali per le piccole e medie imprese e per le imprese sociali di cui all’art. 50-quinquies del TUF” sono menzionati in via autonoma come possibili destinatari dei ricorsi ACF e, dunque, come soggetti obbligati alla adesione al sistema, accanto ai soggetti di cui all’art. 1, comma 1 lett. r), ossia a coloro che già rivestono la medesima qualità in quanto già autorizzati all’esercizio dei servizi e delle attività di investimento. Ne consegue, pertanto, che la competenza dell’Arbitro a conoscere delle controversie che coinvolgono i soggetti gestori dei portali ai sensi dell’art. 50-quinques ha una portata più ampia rispetto alla competenza a conoscere degli inadempimenti degli obblighi previsti per la prestazione dei servizi di investimento, estendendosi a ogni vicenda riguardante la violazione delle regole da osservare nell’esercizio di tale specifico servizio, così come dettate dall’art 50-quinquies TUF e dalla relativa disciplina di attuazione.
Decisione n. 5874 del 26 settembre 2022 (ricorso ID 7914)
Operatività on line – Riferibilità degli ordini ai clienti – Log di accesso alla piattaforma – Sufficienza della prova
Nel caso in cui le operazioni di acquisto degli strumenti finanziari sono state disposte tramite il sistema di trading on line, e dunque in modalità telematica, non può assumere rilievo, al fine di escludere la validità delle operazioni la circostanza dell’assenza di un ordine impartito per iscritto.
La riferibilità degli investimenti al ricorrente è comprovata dai log informatici che ne attestano l’accesso alla piattaforma nei giorni delle operazioni nonché dalla presenza del numero di operazione contenuto in ciascuna nota informativa.
Gennaio 2023
Decisione n. 5760 del 5 agosto 2022 (ricorso ID 7642)
Operatività on line - Obblighi informativi - Valutazione di appropriatezza - Predisposizione di sistemi bloccanti - Onere della prova dell’Intermediario – Irrilevanza della mancata previsione di uno specifico obbligo
Nel caso di operatività on line incombe sull’intermediario l’onere di provare di aver fornito le informazioni necessarie in concreto per una consapevole scelta di investimento attraverso l’esibizione di tracciati record o schermate del sito riferite agli ordini impartiti dai clienti o ad informazioni consultabili in tale circostanza e che descrivessero le caratteristiche delle obbligazioni.
Parimenti incombe sull’intermediario l’onere di provare di aver svolto la valutazione di appropriatezza, non essendo idonea, in tal senso, l’esibizione di un’estrazione di file di tipo excel del sistema informatico che evidenzia una serie di messaggi, riportanti la dicitura “(n) conoscenza richiesta non soddisfatta” e “(n) non adeguata per esperienza”, riferiti ad operazioni diverse da quelle contestate: una simile attestazione non è idonea perché non vale a provare se, nel caso delle operazioni oggetto di contestazione, la mancata generazione del messaggio sia stata determinata dall’appropriatezza del titolo ovvero dalla mancanza di un processo di valutazione.
Non può assumere, poi, alcun rilievo l’insussistenza di un obbligo di legge o regolamento a predisporre sistemi bloccanti della sottoscrizione dell’investimento effettuata on line, se non appropriata o adeguata al profilo del cliente: la mancata previsione di un obbligo specifico non fa venir meno, infatti, il dovere dell’intermediario di adottare le misure più idonee per assicurare la migliore protezione dell’interesse del cliente, sicché la circostanza della non adozione di una simile modalità vale, piuttosto, a confermare l’inesistenza di prova di adeguati presidi valutativi, anche in mancanza di qualsiasi altro sistema equipollente.
Decisione n. 5758 del 5 agosto 2022 (ricorso ID 7000)
Servizio di custodia e amministrazione di titoli – Obblighi informativi dell’intermediario – Art. 1838 c.c. - Vicende dell’emittente
Nel caso di prestazione del servizio di custodia e amministrazione di titoli sussiste in capo all’intermediario l’obbligo di rendere una specifica informativa su operazioni di raggruppamento delle azioni nonché su operazioni di aumento di capitale, in quanto, come reiteratamente affermato dall’ACF, ai sensi dell’art. 1838 c.c., il depositario in amministrazione di titoli ha l’obbligo di mettere in condizione il depositante di esercitare i diritti inerenti ai titoli depositati e, in questa prospettiva, è obbligato a informare il cliente delle vicende che interessano la struttura finanziaria dell’emittente i titoli oggetto di deposito e che implicano operazioni aventi ad oggetto questi ultimi.
Decisione n. 5774 del 23 agosto 2022 (ricorso ID 6815)
Servizio di consulenza – Profilatura del cliente – Valutazione di appropriatezza e di adeguatezza – Onere probatorio dell’intermediario
Nel caso di prestazione del servizio di consulenza, l’intermediario ha il dovere di accertare che gli strumenti proposti al cliente siano adeguati e appropriati al suo profilo di investitore. Nel caso di specie, si ritiene che tale dovere sia stato correttamente adempiuto in quanto, dalla documentazione in atti, risulta, in primo luogo, che il questionario MIFID è stato sottoscritto dal ricorrente e contiene elementi sufficienti per l’estrazione della profilatura, che descrive un profilo di investitore con conoscenze di livello elevato, tale - dunque - da poter comprendere la natura e le rischiosità delle operazioni eseguite e con obiettivi di investimento determinanti una significativa propensione al rischio. In tale contesto, si può condividere l’affermazione dell’intermediario sull’esito positivo della valutazione di appropriatezza - sia in considerazione dell’esperienza e conoscenza dichiarata, sia dei pregressi investimenti - nonché della valutazione di adeguatezza, quest’ultima confortata dall’esibizione di tre “simule di adeguatezza”, con esito positivo, che possono essere assimilati a valutazioni di portafoglio del ricorrente. Le risultanze dei questionari inducono ragionevolmente a ritenere che, anche ove condotta rispetto al singolo prodotto, la valutazione avrebbe dato esito positivo.
Decisione n. 5770 del 22 agosto 2022 (ricorso ID 7432)
Servizio di gestione di portafogli – Variazione della data target – Obblighi informativi dell’intermediario – Prova dell’adempimento “in concreto”
Nel caso in cui la modifica della data target abbia assunto rilevanza sostanziale – in quanto ha comportato che al ricorrente sia stata imposta la prosecuzione in un investimento caratterizzato da un profilo dinamico e che, invece, avrebbe dovuto assumere una connotazione esclusivamente conservativa – incombe sull’intermediario l’obbligo di rendere al ricorrente un’informativa precisa e puntuale, si dà consentirgli di assumere una scelta consapevole sul “se” proseguire nell’investimento ovvero liquidarlo. Tale informativa non può ritenersi assolta tramite la messa a disposizione del documento informativo nell’area riservata del sito, non essendo stata in concreto fornita dall’intermediario alcuna prova del fatto che il documento versato in atti sia stato effettivamente pubblicato nell’area riservata e che il cliente vi abbia potuto avere accesso.
Decisione n. 5771 del 22 agosto 2022 (ricorso ID 7484)
Servizio di consulenza - Prodotti di investimento assicurativo multi-opzione - Riscatto di una precedente polizza - Obblighi informativi dell’intermediario
Nel caso in cui l’intermediario proponga un prodotto di investimento assicurativo multi-opzione, ossia un prodotto che offre all’investitore al dettaglio diverse opzioni di investimento, per assolvere correttamente gli obblighi informativi deve, ai sensi agli articoli 10-15 del Regolamento delegato UE n. 653 del 2017, o (i) consegnare al cliente tanti KID quante sono le opzioni di investimento sottostanti, oppure (ii) consegnare un unico KID generico, contenente una descrizione generale del prodotto, ma recante uno specifico rinvio a documentazione contrattuale aggiuntiva e, soprattutto, a una serie di allegati tecnici contenenti le informazioni specifiche relative a rischi, performance e costi relativi ai sottostanti. Inoltre, se la sottoscrizione della polizza avviene previo riscatto di una precedente polizza, l’intermediario deve consentire al cliente di assumere una scelta di investimento consapevole: non può ritenersi idonea, a tal fine, una scheda che non esplicita il tasso di rendimento applicato alla prima polizza, una volta scaduti i dieci anni dal versamento iniziale, limitandosi a rimandare alle condizioni contrattuali, che non sono, però, ad essa allegate, sicché in assenza di tale indicazione è, di fatto, preclusa al cliente la possibilità di instaurare il confronto immediato tra le due polizze e valutare se il nuovo prodotto fosse di maggiore o minore convenienza. Ciò, soprattutto, quando l’operazione prospettata comporta il passaggio da un prodotto a capitale garantito ad un prodotto che investe, invece, la metà del premio in fondi anche a contenuto azionario.
Decisione n. 5775 del 23 agosto 2022 (ricorso ID 7154)
Servizio di consulenza – Elevata frequenza delle operazioni poste in essere dal consulente – Gestione occulta di portafogli – Condotta opportunistica dei clienti - Riduzione del risarcimento
Nel caso di prestazione del servizio di consulenza, l’elevatissima frequenza delle operazioni, praticamente giornaliera, costituisce una circostanza obiettivamente anomala per un’operatività legata alla gestione dei risparmi di una famiglia. Sotto questo profilo la condotta del consulente, del cui operato l’intermediario risponde ai sensi del principio generale dettato dall’art. 1228 c.c., non risulta improntata a canoni di diligenza, dovendosi ritenere che, non solo la consulenza complessivamente svolta fosse non adeguata - non foss’altro che sotto il profilo dell’improprio aggravio dei costi commissionali, pure in sé pienamente legittimi - ma anche che la stessa abbia comportato, proprio per la frequenza, lo svolgimento in forma occulta da parte del consulente di un vero e proprio servizio di gestione individuale di portafogli.
A fronte di ciò, non può non assumere rilievo la circostanza che, nonostante l’elevatissima frequenza delle operazioni e il fatto che le stesse generassero perdite, i Ricorrenti non hanno fatto nulla per cercare di porre rimedio alla situazione ma, anzi, hanno tollerato che il consulente proseguisse in tale anomala operatività per altri tre anni, sino al momento in cui il consulente è passato presso un diverso intermediario. Sotto questo profilo il risarcimento deve essere ridotto, dovendosi ascrivere l’aggravamento delle perdite agli stessi ricorrenti ai sensi dell’art. 1227 c.c.
Decisione n. 5767 del 22 agosto 2022 (ricorso ID 7182)
Servizio di consulenza – Investimento cointestato – Valutazione di adeguatezza – Principi ESMA - Obbligo di riferimento al profilo meno evoluto – Tassatività delle ipotesi derogatorie
Nel caso di investimento cointestato l’intermediario, in coerenza con i principi generali fissati dall’ESMA, ha, non solo l’obbligo di svolgere la valutazione di adeguatezza con riferimento ad entrambi gli investitori, ma anche di condurla con particolare attenzione rispetto al profilo dell’investitore meno evoluto. Sotto questo profilo, dunque, la condotta dell’intermediario - che si è limitato a valutare l’adeguatezza unicamente rispetto al profilo del ricorrente - è senz’altro censurabile come poco diligente, dal momento che non ha dimostrato che la scelta del ricorrente, come unico soggetto rispetto al quale compiere tale valutazione, sia stata oggetto di un accordo frutto di specifica negoziazione tra le parti ovvero che la sua individuazione come termine di riferimento della valutazione sia avvenuta sulla base di procedure predisposte ex ante e che garantiscono che la scelta di uno solo tra i cointestatari sia compiuta su basi oggettive e razionalmente giustificabili. Sono, infatti, questi gli unici, stringenti, presupposti che, secondo gli orientamenti ESMA, possono rendere legittima, negli investimenti cointestati, la valutazione di adeguatezza condotta con riferimento ad uno soltanto degli investitori.
Decisione n. 5778 del 23 agosto 2022 (ricorso ID 7365)
Distribuzione di prodotti assicurativi – Polizza senza garanza di rimborso del capitale – Profilo conservativo del cliente - Inadeguatezza
La polizza che non contempli, diversamente dalle assicurazioni sulla vita tradizionali, la garanzia del rimborso del capitale versato è da ritenersi per definizione inadeguata rispetto ad un investitore con un profilo conservativo che si prefigga di proteggere il capitale investito, non valutando neanche minimamente la possibilità di subire delle perdite potenziali. Ciò soprattutto quando, come nel caso di specie, nel prospetto informativo si legge che il prodotto “non risulta adatto ai clienti con bassa conoscenza ed esperienza teorica riguardo ai mercati finanziari e ai prodotti assicurativi di investimento e con esigenza ed obiettivo di protezione del capitale investito”.
Decisione n. 5776 del 23 agosto 2022 (ricorso ID 7184)
Servizio di esecuzione degli ordini – Tardiva trasmissione dell’ordine di rimborso alla SGR – Irrilevanza delle disfunzioni interne e delle scelte organizzative dell’intermediario
Sussiste la responsabilità dell’intermediario per il ritardo nella trasmissione dell’ordine di rimborso alla SGR quando emerge che è stato violato il regolamento del fondo, là dove prevede, in coerenza con quanto prescritto nel Regolamento della Banca d’Italia del 19 gennaio 2015 in tema di gestione collettiva del risparmio, che il rimborso deve avvenire entro e non oltre il primo giorno lavorativo successivo a quello della ricezione. Per andare in contrario avviso non si può far leva né sulla circostanza della tardiva ricezione della documentazione presso la sede, né sul fatto che l’evasione dell’ordine, riguardando almeno in parte investimenti ricevuti in via ereditaria, richiedesse anche il coinvolgimento dell’Ufficio Successioni dell’intermediario. Infatti, la consegna della documentazione al Family Banker basta per integrare, in ragione della sua posizione di ausiliario, l’acquisizione della stessa da parte dell’intermediario, ed eventuali ritardi di trasmissione dal primo al secondo costituiscono al più una disfunzione interna all’organizzazione dell’intermediario di cui deve rispondere nei confronti del cliente. Inoltre, la scelta organizzativa interna dell’intermediario di coinvolgere una articolazione specifica della sua struttura, per evadere le eventuali richieste di disinvestimento che coinvolgano strumenti caduti in successione, non vale a giustificare la disapplicazione di regole, quale quelle sui tempi di invio degli ordini di disinvestimento, che l’intermediario è obbligato a rispettare nei confronti del cliente.
Decisione n. n. 5777 del 23 agosto 2022 (ricorso ID 7234)
Inammissibilità del ricorso – Ne bis in idem – Frazionamento abusivo della domanda
Pur non assumendo le decisioni dell’ACF veste di cosa giudicata ex art. 2909 c.c., resta preclusa al Collegio la possibilità di pronunciarsi reiteratamente sulla medesima vicenda, sia in virtù del principio di impregiudicatezza dell’organo decidente rispetto alla domanda, sia del divieto di “abuso” del diritto, anche sotto forma di frazionamento della domanda, sia da ragioni di economicità che sono alla base stessa dell’istituzione di sistemi ADR, sia infine da esigenze di coerenza interna del sistema complessivo.